Di Simone Fabriziani
Perché vedere The Tragedy of Macbeth
Perché Joel Coen immerge le vicende sanguinose della tragedia di William Shakespeare in una dimensione atemporale e metafisica, quasi a voler cristallizzare una volta per tutte le parole del grandissimo drammaturgo britannico, all’apice della sua forma artistica in quello che è considerato una delle massime espressioni letterarie dell’ambizione e della sete di potere dell’essere umano. A raccontare il Macbeth ci avevano pensato già in passato, tra gli altri, autori di un certo calibro come ad esempio Orson Welles, Roman Polanski e più recentemente Justin Kurzel (con Michael Fassbender e Marion Cotillard), ma mai l’opera teatrale di Shakespeare aveva respirato aria così mortifera, rarefatta, senza spazio e senza tempo, addirittura senza colore. In questo caso, a coadiuvare la curiosa visione di Coen alla regia e alla scrittura, sono stati essenziali gli eccezionali contributi tecnico-artistici.
Impossibile non lodare la direzione della fotografia (in abbacinante bianco e nero) di Bruno Delbonnel, o le squadrate ed atemporali scenografie di Stefan Dechant e Jason T. Clark, che sembrano quasi uscite da un incubo metafisico senza spazio né tempo, o da un delirante quadro di Giorgio De Chirico. I debiti all’iconografia espressionista del cinema tedesco, inoltre, contribuisce largamente a creare un’allucinata atmosfera di terrore, di premonizione, di tragedia. A questa visione pittorica e allusiva i volti di Denzel Washington, Frances McDormand e, tra gli altri, della sorprendente Kathryn Hunter nei panni delle tre streghe, si sposano alla perfezione.
VOTO: ★★★★