Thor: Love and Thunder – La recensione del film Marvel con Chris Hemsworth e Natalie Portman
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Di Simone Fabriziani
La ricerca di Thor verso una dimensione di pace interiore è interrotta dall’arrivo del killer galattico Gorr il Macellatore di Dei, votato a distruggere tutte le divinità dal mondo conosciuto. Thor unirà così le sue forze con Valchiria, Korg e la ex-fidanzata Jane Foster che gli dimostrerà la sua unicità. Insieme partiranno per una missione volta a scoprire quale sia il disegno di Gorr e cosa lo motivi e per fermarlo prima che sia troppo tardi. Da mercoledì 6 giugno arriva nelle sale italiane Thor: Love and Thunder, secondo outing nei cinecomic di Marvel Studios per il regista e sceneggiatore premio Oscar Taika Waititi.
Piuttosto curioso il caso di Thor: Love and Thunder, scisso com’è tra tic e ossessioni stilemiche del suo regista e sceneggiatore (Waititi ha scritto il film Marvel assieme a Jennifer Kaytin Robinson) all’insegna dell’ironia e della leggerezza a tratti sguaiata di personaggi, eventi e situazioni, e riflessioni sorprendentemente inaspettate per un lungometraggio targato Marvel. Sì, perché al di là della ritrovata freschezza di tono e linguaggio cinematografico del personaggio di Thor (la sua transizione “light” l’abbiamo già vissuta nel precedente Ragnarok, sempre di Waititi) e dei suoi alleati, in Love and Thunder si respira aria mortifera sin dalle prime inquadrature, con un albino Gorr (un inedito Christian Bale che passa con ovvia duttilità dalla saga di Batman e le sue trasformazioni fisiche a vestire i panni di villain Marvel dal look vampiresco) che vede morire tra le braccia la figlioletta nonostante le suppliche e la devozione alle divinità ma che saprà poi come vendicarsi su di esse. Un oggetto di interesse narrativo, quello della malriposta devozione dell’essere umano verso la Divinità e l’idea stessa di religione, che scorre come un fiume in piena nel corso della durata dell’intera pellicola.
Pe questo motivo, al di là della presentazione visiva e verbale aggressiva e apparentemente solo sguaiata, assume invece particolare importanza la figura della Divinità in salsa Marvel, che sia qui il Dio della Luce per Gorr o l’invincibile Zeus per Thor (un divertito e divertente Russell Crowe nel suo secondo outing nel mondo dei supereroi cinematografici dopo L’uomo d’acciaio di Zack Snyder), e per questo motivo il film di Taika Waititi ci insegna come l’idolatria porti più problemi che soluzioni, e che la fede come valore aggiunto ed intrinseco nella natura umana possa invece spostare le montagne, se ben riposto.
Una cosa che sa bene la Dottoressa Jane Foster (Natalie Portman), che per guarire da un male incurabile sceglierà la via più avventurosa, alla ricerca del mistico richiamo del Martello Mjolnir, una volta arma emblematica del Dio del Tuono, che la trasformerà inaspettatamente in Lady Thor, guerriera vichinga che darà simpaticamente del filo da torcere all’eroe interpretato ancora una volta con piglio frizzante e leggero da Chris Hemsworth. Un atto di fede, quello di Jane Foster, che sembra agli antipodi della devozione religiosa ed idolatra degli uomini versi gli Dei, qui portatrice di tragedie e negatività.
Se solo bastassero fede e religione a tenere in piedi tutta la baracca di Thor: Love and Thunder il film di Waititi si sarebbe rivelato tra i più coraggiosi e riformisti di tutta la timeline cinematografica Marvel, eppure l’estenuante ricerca a tutti i costi della battuta facile, del dialogo forzatamente divertente, delle spesso fin troppo buffe interazioni tra i vari personaggi, finisce per ridurre il secondo outing dietro la macchina da presa di Waititi per Marvel Studios come un divertente pastiche parossisticamente saturo di stimoli che, ancora una volta dopo il pur gradevole e fresco Ragnarok, non riesce ad essere quello che vorrebbe e potrebbe veramente. E a conti fatti, è un gran peccato.
Thor: Love and Thunder debutterà nelle sale italiane a partire da mercoledì 6 luglio