Di Simone Fabriziani
Twin Peaks – Il ritorno non è approdato sui piccoli schermi di tutto il mondo per accontentare lo spettatore nostalgico, né per farsi divorare in un paio di sessioni di binge-watching indiavolato sul proprio divano; come pellicola cinematografica spalmata in lunghissimi e comodi diciotto episodi per la televisione, è la più grande sfida al fenomeno della rinnovata fiducia nelle potenzialità del piccolo schermo del nuovo millennio in termini di fruizione e dialogo autore-spettatori.
Concetti già ampiamente discussi da noi nelle recensioni agli episodi precedenti, ma che torna preponderante con la decima parte dal titolo “Laura is the one”, giocando con una delle affermazioni più popolari della serie classica creata da Mark Frost e David Lynch. Molti lamenteranno una eccessiva lentezza e dilatazione dei tempi narrativi in quest’ultimo capitolo televisivo, ed anche noji non ci esimiamo dal non nascondere una certa perplessità per una narrazione si frammentata, si suggestiva, onirica, grottesca, comica, orrorifica, spiazzante, ma che al giro di boa completato e superato (in tutto il revival è composto da diciotto episodi) apre e non chiude, o perlomeno evita accuratamente di cercare di fornire una parvenza di risposta ad un fedelissimo pubblico di spettatori indiavolati nello scovare i più criptici messaggi ed indizi che questa terza stagione non lesina nell’introdurre.
Con più domande e sempre meno risposte, al decimo capitolo televisivo la nuova creatura di Frost e Lynch trae dalla sua eccessiva dilatazione (ma “Laura is the one” arriva in prospettiva dopo due degli episodi più, ricchi del revival) il punto di forza maggiore e più rivoluzionario di Twin Peaks – Il ritorno: è il grande “fuck you!” di un genio indiscusso del linguaggio audiovisivo post-moderno alle regole prestabilite dal linguaggio narrativo seriale, sempre più ingabbiato nei processi commerciali e persuasori, gli stessi che affondarono nel 1991 la seconda stagione della serie classica e che già portò, esattamente un anno dopo, al capolavoro incompreso ed onirico Fuoco cammina con me, di cui la stagione tre condivide ben più di un espediente narrativo e visuale.
VOTO: 7/10