Con un ritardo di cinque giorni rispetto alla messa in onda internazionale arriva la nostra recensione del doppio, scioccante finale di Twin Peaks – Il ritorno, terza ed ultima stagione della serie televisiva cult degli anni ’90 creata da David Lynch e Mark Frost. Un cappello ad una summa del cinema del regista statunitense che, ancora una volta., ha fatto e farà la storia del piccolo schermo.
Non entreremo nei dettagli della pur complessa trama narrativa degli ultimi due, stupefacenti episodi del revival, ma tenteremo di racchiudere in breve il nostro pensiero sul perché la terza stagione di “Twin Peaks” abbia funzionato egregiamente come grande contenitore dei temi, degli stilemi, delle inquietudini e della post-modernità artistica di David Lynch. Il gran finale del revival ribadisce le preoccupazioni del regista americano che hanno reso celebre la inconfondibile filmografia di Lynch; nel caso specifico, “Twin Peaks- Il ritorno”è una post-moderna odissea a due binari paralleli: è il viaggio all’interno della mente e del corpo frantumato di un Dale Cooper (Kyle MacLachlan) con una missione da compiere, trovare e salvare Laura Palmer (Sheryl Lee), e della stessa ragazza della cittadina nordamericana predestinata a contrastare il male di Bob e della ineffabile Loggia Nera. Due destini che si uniranno nel finale del revival, capolavoro di sperimentazione visiva e nuove immersioni nei tic più impensabili di David Lynch. Le due parti “The past dictates the future” e “What is your name” sono il compimento sinistro e implacabile del pessimismo insito nell’universo televisivo della serie cult; non c’è redenzione, non c’è salvezza senza sacrificio, il tempo (passato o futuro?) è un cerchio che non ha un inizio e mai uni una fine e l’ineluttabilità del destino incombe su ogni essere umano, proprio come nella vita reale.
Non è un caso che Twin Peaks si chiuda con il più terribile degli incubi in cui Lynch ha mai intrappolato i suoi fedeli spettatori, un ritorno a casa atteso ma spietato, crudele, ineluttabile. Questo è il sogno del sognatore più fervido del cinema (e non solo) contemporaneo, ma assomiglia più ad un incubo notturno, senza via di scampo, sia nel passato che nel futuro.
Ben arrivati a Twin Peaks, ma nulla sarà più come sempre. Il male vince (?) sul bene, non c’è yin senza yang, non si torna indietro e il grido di dolore che chiude l’epos di Twin Peaks è quello di ognuno di noi, duplice organismo diviso nell’eterna lotta tra tenebra e luce, senza illusione di vittoria.
VOTO: 9/10