Venezia 74: Woodshock – La recensione del film con Kirsten Dunst

Seguici anche su:
Pin Share

Di Daniele Ambrosini

L’esordio dietro la macchina da presa delle sorelle Laura e Kate Mulleavy aveva tutte le carte in regola per essere un successo. Tom Ford ha aperto la strada ed ora Venezia ha deciso di ospitare anche le Mulleavy, stiliste passate alla regia che, proprio come Ford, hanno dimostrato una buona sensibilità visiva ma non sono riuscite neanche ad avvicinarsi ai risultati da lui ottenuti con A Single Man e Animali Notturni. Il film, al contrario, è pieno di limiti e difetti molto evidenti.



Kirsten Dunst è Theresa, una donna cresciuta in una piccola casa nel bosco insieme alla madre che adesso è ad un passo dalla morte. Il suo datore di lavoro Keith, un venditore di marijuana medica, la spinge a decidere di porre fine alle sue sofferenze aggiungendo una dose fatale di un medicinale in gocce a della marijuana. Dopo la morte della madre per lei diventa molto difficile restare in quella casa, ma è stata proprio la defunta genitrice a rivelarle il suo desiderio che lei ed il suo compagno continuassero a vivere lì. Quando Keith le chiede di ripetere la procedura per un secondo paziente Theresa va in tilt. Da questo momento il film cambia radicalmente, abbandonando ogni pretesa narrativa per dedicarsi completamente alla componente visiva. Scelta che non ripaga affatto.

Woodshock è un film strampalato e disorganizzato, senza idee chiare e precise che punta tutto su un’autorialità estrema per giustificare la totale mancanza di senso e di una logica di fondo. C’è un punto, più o meno a metà del film, in cui qualcosa si spezza e tutto smette di funzionare: la trama principale svanisce, Theresa inizia a reagire in maniera spropositata e non giustificata, le scene iniziano ad accavallarsi senza un reale ordine logico e la componente visiva diventa predominante su quella narrativa. Il guaio è proprio che Woodshock non ha una visione d’insieme, ha molte pretese che tentano di emergere nel corso del film, tanti temi giusto appena accennati e mai realmente approfonditi perché, nonostante si vede che le Mulleavy siano convinte di avere qualcosa da dire, non hanno la capacità per esprimersi attraverso il mezzo cinematografico. Più vicino alla video arte o ad un lunghissimo spot pubblicitario che ad un film, Woodshock è un esperimento pretenziosissimo e poco riuscito che porta a fondo anche la sua protagonista, una solitamente buona Kirsten Dunst, qui al limite del ridicolo.
VOTO: 4,5/10

Pubblicato

in

da