Venezia 76: The New Pope – La recensione degli episodi 2 e 7 della serie di Paolo Sorrentino

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Di Simone Fabriziani

Era atteso al varco da tre anni, sin dal cliffhanger  che aveva caratterizzato l’episodio finale di The Young Pope; come accadde nel 2016 per la prima stagione, attracca anche quest’anno al Lido il regista premio Oscar Paolo Sorrentino con The New Pope, presentato Fuori Concorso alla 76° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Alla stampa internazionale sono stati mostrato soltanto gli episodi 2 e 7 , per un totale di 10 puntate televisive annunciate per l’attesa seconda stagione; difficile dunque carpire una visione di insieme di dove andrà a parare la nuova miniserie di Paolo Sorrentino con Jude Law e John Malkovich, eppure la scelta di mostrare in anteprima mondiale gli episodi 2 e 7 non è casuale affatto.

Senza poter entrare in dettagli della narrazione che risulteranno compromettenti per chi si accingerà a visionare la seconda stagione tutta d’un fiato sul piccolo schermo prossimamente, possiamo già anticipare che una delle tematiche maggiormente affrontante da Sorrentino sarà quello della solitudine, qui in duplice veste.


Se il secondo episodio è il trionfo della costruzione narrativa, dei dialoghi taglienti e della magistrale introduzione all’austero Cardinale John Braddox/Papa Giovanni Paolo III (un John Malkovich in statuaria forma smagliante), il settimo capitolo è l’altra faccia della medaglia del nuovo papato in tempi di frenetica urgenza dopo l’uscita di scena del giovane e controverso Pio XIII (un irreprensibile Jude Law): l’episodio mostrato successivamente è tutto dedicato a Lenny Belardo, al suo percorso di riabilitazione fisica e spirituale, una lettera d’amore ad una Venezia notturna dal sapore letterario, in attesa del suo ritorno a Roma, dove lo aspetta un Vaticano radicalmente cambiato dalla sua assenza.
Inoltre è curioso come la scelta di questi due episodi elimini soltanto per un momento l’ingombrante presenza dei palazzi e delle cappelle antiche del cuore della cristianità della capitale italiane a favore di magioni nella campagna inglese e appartamenti veneziani al lume di candela. Luoghi dalla bellezza incontaminate e allo stesso tempo prigioni dell’anima, fortezze della malinconia e della solitudine per i due papi della nuova stagione del regista italiano. Un regista che, ancora una volta, sonda con il suo solito linguaggio anticonformista ed umanizzante i suoi protagonisti, emblemi dell’eterno conflitto tra spiritualità e mondanità. Quella che un po risiede da sempre in tutti noi.


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