Di Simone Fabriziani
La storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Il diciassettenne Fabietto Schisa è un ragazzo goffo che lotta per trovare il suo posto nel mondo, ma che trova gioia in una famiglia straordinaria e amante della vita. Fino a quando alcuni eventi cambiano tutto. Uno è l’arrivo a Napoli di una leggenda dello sport simile a un dio: l’idolo del calcio Maradona, che suscita in Fabietto, e nell’intera città, un orgoglio che un tempo sembrava impossibile. L’altro è un drammatico incidente che farà toccare a Fabietto il fondo, indicandogli la strada per il suo futuro. Apparentemente salvato da Maradona, toccato dal caso o dalla mano di Dio, Fabietto lotta con la natura del destino, la confusione della perdita e l’inebriante libertà di essere vivi.
In concorso a Venezia 78 e dal 24 novembre in sale selezionate, È stata la mano di Dio è il più bel lungometraggio di Paolo Sorrentino dai tempi de La Grande Bellezza. Di chiara matrice autobiografica, il film distribuito in tutto il mondo da Netflix a partire dal 15 dicembre si candida seriamente a portare a casa almeno un riconoscimento alla 78° Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Opus magna che mescola, ancor più dei suoi titoli precedenti, ironia e tragedia, senso del grottesco e del sublime, miseria umana e universalità dell’esperienza della vita. Raccontando con assoluta padronanza della macchina da presa e con urgenza intima ed emotiva il suo percorso adolescenziale, Sorrentino riesce dove avrebbe potuto fallire di tracotanza ed auto-indulgenza : sapersi liberare (in parte) delle influenze e suggestioni felliniane che hanno caratterizzato la sua filmografia più “pop” a favore di una narrazione calda, emotiva, intima e a tratti commovente.
Una storia che sa di morte, di vita, di crescita, di futuro. Una storia sì autobiografica, ma che riesce a parlare ad ognuno con il cuore in mano.
VOTO : 8