Di Simone Fabriziani
La sfida di Hermanus non era di quelle più facili: come rendere omaggio al seminale film del cineasta giapponese degli anni Cinquanta senza confezionare necessariamente una pellicola “nata già anziana”? Il regista britannico è insospettabilmente riuscito nell’ardua impresa grazie ad un adattamento curato dal premio Nobel Kazuo Ishiguro (i suoi romanzi hanno ispirato titoli come Non lasciarmi e Quel che resta del giorno) e ad uno straordinario interprete nello scavato ed esperienziale Bill Nighy, qui nei panni dell’algido e dolente Rodney Williams.
Cambia il setting, che dal Giappone vola verso la Londra degli anni ’50 con estrema naturalezza; la grigia città britannica viene incorniciata da Hermanus con sapienza e grande senso evocativo, i protagonisti della sua favola vengono spesso incorniciati con primi piani dal gusto pittorico e dall’ambizione strettamente naturalistica; il risultato è una vera e propria celebrazione delle ambizioni del capolavoro originale di Akira Kurosawa più che una mera imitazione, che riesce in modo miracoloso a raccontare temi universali come la generosità, la redenzione, la paura della vecchiaia e dell’incedere della morte in chiave sì favolistica ma scevra di ogni banalità formale e contenutistica.
Tutto è perfettamente al suo posto nel Living di Oliver Hermanus, rifacimento gentile e rispettoso dell’Ikiru del maestro del cinema orientale costruito attorno all’esperienza attoriale del veterano del cinema inglese Bill Nighy, qui al massimo delle sue capacità recitative in un ruolo che potrebbe portarlo, nei prossimi mesi, molto lontano.
Presentato in anteprima mondiale nella sezione virtuale del Sundance Film Festival e come evento fuori concorso alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Living debutterà nelle sale Usa a partire dall’11 novembre con Sony Pictures Classics.
VOTO: ★★★★