Di Simone Fabriziani
Quanti sono esausti dell’inflazione del genere biopic nel cinema di lingua anglo-americana degli ultimi dieci anni?
Facendo una stima sommaria la frase Ispirato ad una storia vera risuona decisamente più frequente nei titoli di apertura delle pellicole statunitensi che il titolo stesso del film.
Il risultato generale è ovviamente la formazione progressiva di un cliché narrativo e strutturale nel racconto per immagini di grandi personaggi o eventi del passato recente e antico che sa ormai più di stantio che di profumata boccata d’aria pulita.
Che odore dunque ha Zona d’Ombra (in lingua originale più evocativamente “Concussion”) scritto e diretto da Peter Landesman?
Ebbene il film con protagonista Will Smith sa di rancido formaggio stantio, lo stesso che marcisce da troppi giorni nei nostri frigoriferi perché lo dimentichiamo li per troppa familiarità o abitudine.
Forse e soprattutto anche perché Landesman (aveva diretto nel 2013 il televisivo “Parkland”sui retroscena dell’assassinio di J.F Kennedy raccontato dal punto di vista di vari personaggi) non trova un giusto equilibrio tra nauseante retorica a stelle e strisce e onesto racconto per immagini di una delle inchieste mediche e sportive più appassionanti degli ultimi decenni.
Utilizzando un linguaggio visivo francamente spicciolo e manicheista, “Zona d’Ombra” racconta la straordinaria storia del Dott. Bennett Omalu, emigrato dalla nativa Nigeria per sognare un futuro come brillante neurologo; sarà grazie alla sua imprevedibile scoperta neurologica sul corpo di un famoso giocatore di football deceduto in maniera sospetta che Omalu imparerà a non sottovalutare gli effetti devastanti dei colpi alla testa ricevuti in campo di gioco a livello cerebrale; le conseguenze legali di tale scoperta saranno esplosive e potenzialmente deflagranti per la NFL, che fece poi di tutto per screditare ed insabbiare le responsabilità mediche e morali della scia di morti sospette di molti dei loro giocatori di punta.
Quella che oggi grazie alla strenua lotta del Dott.Omalu è riconosciuta come la letale ETC (Encefalopatia Traumatica Cronica) nasce dunque nella maniera più inaspettata ed avvicente, ma come in ogni storia edificante ispirata a gesta della vera vita il rischio della troppa retorica è proprio dietro l’angolo.
E non riesce nemmeno un pur dedito Will Smith (che ha ricevuto una Nomination al Golden Globe per il ruolo) a sollevare la baracca dalle troppe ingenuità di sceneggiatura; a dargli man forte ci pensa tuttavia un ottimo cast di arricchimento, su cui spiccano i veterani Alec Baldwin, Albert Brooks e la nuova promessa del cinema britannico Gugu Mbatha-Raw; sentiremo ancora parlare di lei dopo averla apprezzata in piccolo gioielli nascosti come “La Ragazza del Dipinto” e “Beyond the Lights”)
Alla fine dei giochi ci troviamo di fronte ad un “prodottino” senza infamia e senza lode che tanto bene avrebbe funzionato se trasmesso direttamente nel format televisivo americano, privo di particolare gusto verso il materiale originale, genuinamente edificante.
Da archivio dello sbadiglio facile.
VOTO: 2/5