Gone Girl – L’amore bugiardo – La recensione

Seguici anche su:
Pin Share

Di Simone Fabriziani

Vi è mai capitato di chiedervi che cosa gira nella testa del vostro partner o del vostro compagno di vita? E qual’è l’insondabile mistero del collante di tante vite matrimoniali che a volte durano, a volte falliscono? In definitiva, qual’è il mistero dietro la perenne guerra dei sessi?

Grazie all’apporto letterario dell’omonimo romanzo bestseller in USA scritto dalla talentuosa Gillian Flynn, il pluridecorato maestro del thriller contemporaneo David Fincher ci accompagna con maestria e straordinaria “cattiveria” nell’occhio del ciclone di una delle crisi matrimoniali più memorabili dell storia del cinema recente.
Tutto inizia con la misteriosa scomparsa di Amy Elliott Dunne (Rosamund Pike), nota scrittrice di racconti per l’infanzia e appassionata compagna e poi moglie dell’aspirante romanziere Nick Dunne (Ben Affleck); dove può essersi cacciata? Semplicemente scomparsa? Oppure rapita, o peggio ancora assassinata dal marito apparentemente perfetto? Niente è come sembra e i colpi di scena nell’avvicendarsi dell’indagine sembrano ribaltare tutto quello che lo spettatore sembra invece voler credere da sempre: il matrimonio perfetto non esiste e la primordiale lotta tra uomo e donna, insito nell’essere umano, è destinata a ripetersi per l’eternità.
Ormai avvezzo alla straordinaria capacità di entrare nella disturbata, complessa e problematica psiche dei suoi personaggi “disadattati”, Fincher con Gone Girl regala allo spettatore un’altra notevole seduta di psicanalisi per coppie in crisi con la indubbia maestria del cinema di “suspense” nella miglior tradizione hitchcockiana; il racconto filmico è efficacemente virato su due binari: il presente della narrazione appartiene al punto di vista di Nick/Affleck mentre il misterioso retroscena della fatidica scomparsa appartiene alla voce calda e alle parole graffianti di Amy/Pike in quella che appare come una vera e propria guerra di parole e di azioni silenziose e lontane tra due partner contraddittoriamente specchi una società marcia che nasconde le sue imperfezioni, le sue porcate grazie all’abuso della massificazione dei prototipi umani e sociali, nella fattispecie la televisione, grande responsabile della mercificazione  e dell’uso improprio della tragedia umana della scomparsa improvvisa di una donna tanto amata; tutto sembra apparire farsa, tutto sembra risultare messa in scena per il solo gusto dell’orrido, del macabro e della cronaca nera tutta che lo spettatore (ma anche il cittadino medio di fronte alla tv nazionale) possiede insita nella sua imperfetta e duplice natura.

Non solo dunque la guerra dei sessi si combatto narrativamente sui due piani del punto di vista dei due coniugi, ma anche nell’ideologia della pellicola: si può veramente credere nel matrimonio perfetto? Esiste il valore assoluto dell’amore reciproco? E se questo viene a mancare, di cosa può essere capace l’essere umano, quel’animale cosi imperfetto, contraddittorio eppure cosi manipolatore?

Non ci è infine difficile ritornare con la mente al precedente film di Fincher “Millennium – Uomini che odiano le donne”, dove anche li la guerra dei sessi si combatteva silenziosamente tra i due indimenticabili protagonisti dell’indagine, anch’essa guarda caso legata alla misteriosa scomparsa di una ragazza; ma se in quel film l’amore era il sentimento a cui i personaggi anelavano, che quasi cercavano spasmodicamente di ottenere, qui l’amore bugiardo che stentoreamente regge la baracca della relazione tra Nick ed Amy è la forza esplosiva che li divide, che li allontana e che inesorabilmente li getta nell’occhio del ciclone della massificazione del sentimento, ricambiato o meno; e tutto ciò ci appare più vivido grazie all’onesta e asciutta interpretazione di Affleck, tormentato ed imperfetto Nick e alla sorprendente Rosamund Pike, attrice britannica che solo grazie a questo pulsante e spregiudicato ritratto di uno dei personaggi femminili più indimenticabili di quest’anno cinematografico sembra ricevere la giusta attenzione e, si spera, i giusti riconoscimenti per quello che potrebbe presto divenire come uno delle figure manipolatrici più indelebili della Settima Arte. Imperdibile.

VOTO: 4/5



Pubblicato

in

da