Grindhouse: il cinema è un gioco

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Di Daniele Ambrosini



Quentin Tarantino e Robert Rodriguez
sono amici di lunga data ed hanno in comune un percorso di formazione
cinematografica basata in parte su un cinema lontano dalle logiche
hollywoodiane, esterno allo star system  e senza molte pretese qualitative, un cinema
che molti definirebbero solo di passaggio ma che per loro è stato importante ed
i cui echi si sentono ancora nelle opere di entrambi. È il cosiddetto cinema di
serie B.
Questi film erano prodotti
low budget, spesso di scarsa qualità, che riutilizzavano set e costumi di altre
produzioni e che venivano girati, montati e distribuiti in brevissimo tempo e talvolta venivano proiettati in coppia. Soluzione, questa della doppia proiezione,
che permetteva allo spettatore di spendere meno e mirava a portare al cinema un
pubblico maggiore, perciò la durata era ridotta rispetto a quella di un film
del circuito principale. Altri elementi di richiamo per il pubblico erano i
temi tabù che i “film di serie A” non potevano trattare, quindi ampio spazio
era dato alla violenza e al sesso. Inoltre le trame potevano seguire un filone
e degli schemi ricorrenti, quasi nessuno di questi film brillava per
originalità, e la velocità di realizzazione ed il budget basso, a volte quasi
inesistente, comportavano numerosi problemi tecnici. Le sale che proiettavano
questi film erano le cosiddette grindhouse, luogo di riferimento per i film d’exploitation,
che venivano chiamati grindhouse a loro volta. Le grindhouse sono un fenomeno
circoscritto agli anni ’70 che è andato via via scemando fino a giungere alla
totale scomparsa di queste sale intorno alla metà degli anni ’90 ed in seguito
anche alla fine di un genere. 
Due amici che, cresciuti e
superato il periodo delle grindhouse, hanno avuto carriere molto diverse:
Tarantino si è imposto all’attenzione del grande pubblico negli anni ’90 prima con la sua opera
di debutto Le Iene e poi con il successivo Pulp Fiction ricompensato con ampi
guadagni al box office e che lo portò a vincere la Palma d’Oro a Cannes ed un
Oscar, iniziata la sua ascesa Tarantino non si è più fermato ottenendo sempre
ottimi riscontri di pubblico e critica; Rodriguez invece è sempre rimasto sul
cinema di genere (anche se ha realizzato qualche film per famiglie) e non è mai
andato incontro ai gusti del grande pubblico se non con la sua prima incursione
a Sin City, ad oggi forse il suo film migliore, ma si è creato una solida fanbase. I due avevano già lavorato insieme nel 1996 in Dal Tramonto All’Alba,
film basato su una sceneggiatura che Tarantino aveva scritto ai tempi del liceo, diretto da Rodriguez ed interpretato, tra gli altri, dallo stesso Tarantino; inoltre nel
2004 Rodriguez ha composto alcune musiche per Kill Bill e Tarantino l’ha
ricambiato dirigendo una scena di Sin City. Nel 2006 decidono di realizzare il
doppio film ispirato a quel bistrattato cinema che avevano amato in gioventù ed
il risultato è Grindhouse diviso nei segmenti Death Proof e Planet Terror.
Sebbene attingano a piene mani
dal cinema delle grindhouse lo scopo non è realizzare un film come quelli di
allora ma riprendere i temi, le storie e l’impostazione visiva per creare
qualcosa di nuovo. La cosa davvero interessante in un’operazione come questa è
che il cinema stesso assume un ruolo diverso, non è più solo lo strumento per
narrare una storia o il mezzo per rievocare un’atmosfera, almeno non solo, ma
principalmente è un gioco, un turbolento, costoso e coloratissimo gioco. E come tale va preso.
Là dove certe cose sarebbero
potute sembrare divertenti per quanto ridicole, per errori di montaggio, per
buchi di sceneggiatura qui sono riprodotte consapevolmente per creare lo stesso
effetto, sono presenti gli inconvenienti tecnici come i rulli mancanti, la
pellicola che si inceppa o semplicemente graffiata, repentini cambi cromatici, perché questo film scherza
molto su quelli che erano i limiti del genere e lo fa con un po’ di nostalgia. 
Insomma, se si è disposti a stare al gioco Grindhouse è un’esperienza cinematografica unica nel suo genere che merita di essere vissuta, con i suoi limiti e le sue particolarità.
Death proof – A prova di morte (2007)
Il segmento
scritto e diretto da Quentin Tarantino è sicuramente atipico all’interno della
sua filmografia e non riprende direttamente lo stile grindhouse ma parte dal
genere carsploitation per creare un film in stile Tarantino, sono presenti
molti elementi caratteristici del suo cinema dai lunghi dialoghi tra i personaggi, che in un film di serie B non sarebbero stati neanche immaginabili,
ai piani sequenza, in death proof è presente un piano sequenza di quasi otto
minuti. Molto interessante è la narrazione perché il film è nettamente diviso
in due avendo due gruppi di protagonisti e per entrambi c’è una parte di
presentazione ed una dedicata all’azione, sul finale del segmento. Non si
tratta del miglior film di Tarantino ma è comunque un esperimento degno di nota.
Planet Terror (2007)
Il segmento
scritto, diretto, fotografato, musicato e montato da Robert Rodriguez è davvero
molto interessante perché ripercorre un filone che pochi anni più tardi sarebbe
tornato molto di moda, quello degli zombie. Certo, Rodriguez con il cinema
trash si è sempre trovato a suo agio ed ha sempre trovato il modo di
ironizzarci, ma questo film segue perfettamente lo stile grindhouse, se
Tarantino reinterpreta Rodriguez non si inventa niente e segue gli schemi
prestabiliti ironizzandoci sopra. Tra horror e commedia nera, a tratti
nerissima, il segmento è scorrevole dall’inizio alla fine, è un capolavoro di
cinema trash moderno con alcune scene cult destinate a restare per sempre nella
memoria dello spettatore. Piccola ma sostanziale differenza tra questo film e
quello di Tarantino è il supporto di ripresa: Rodriguez predilige il digitale
mentre Tarantino è un difensore della pellicola e questo conferisce ai due
segmenti del film un effetto cromatico molto diverso. In Planet Terror tornano Rose McGowan, Marley Shelton, Michael Parks e Quentin Tarantino che
erano già comparsi in Death Proof.


Fake
Trailers
A dividere
i due segmenti ci sono 5 falsi trailer, dal gusto retrò e altamente splatter i
cui titoli già dicono molto. Werewolf woman of the SS di Rob Zombie è il più
interessante perché riprende il sottogenere nazisploitation e vi prende parte
anche Nicolas Cage nel ruolo di Fu Manchu che grida “This is my temple!”. Dirigono un trailer anche Eli Roth ed Edgar Wright mentre
gli spezzoni diretti dallo stesso Rodriguez e da Jason Eisener sono diventati a
loro volta dei lungometraggi: Machete e Hobo with a shotgun.