Baby Boss – La recensione

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Di Simone Fabriziani

L’eterno divario tra fratello minore e maggiore, tra attenzioni negate e terribili sensazioni adolescenziali di essere stati messi definitivamente da parte a causa del “nuovo arrivato” in famiglia. Vi ci ritrovate tutti, no? A rinverdire in maniera ironica e colorata la faccenda veccia come il mondo ci pensa la DreamWorks Animation con Baby Boss.

Quando la famiglia Templeton si vede arrivare il tanto sospirato nuovo bebè in casa, il piccolo Tim si sente stranamente minacciato; sarà per la repentina mancanza di attenzioni o perché il neonato sembra nascondere qualcosa? Sarà una lotta all’ultimo sangue tra Tim e il “baby boss” che poterà a conseguenze inaspettate e a più di un segreto rivelato sulle origini misteriose del poppante.

Tra ironia e divertimento assicurato per tutte le famiglie, tra (auto)citazioni insospettabili e un inedito senso della riscoperta dei sentimenti più puri, Baby Boss segna l’incursione della Dreamworks nel terreno scivoloso dell’esaltazione candida e “politically correct” dei più alti valori della società che possano essere impartiti alle piccole e piccolissime generazioni attraverso il mezzo cinematografico animato: su tutti, il valore dell’affetto e della famiglia, ancora una volta scelto dall’animazione prediletta dai più piccoli come il più alto, ma forse anche il meno scontato perché sempre vivo, sempre presente.
Grande il cast delle voci originali tra cui vanno ricordati Alec Baldwin, Steve Buscemi, Jimmy Kimmel e Tobey Maguire.
Per una Pasqua al cinema in compagnia di tutta la famiglia.

VOTO: 6,5/10




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