Guida agli attori più sopravvalutati di Hollywood – 7 nomi che non meriterebbero la vostra attenzione

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Di Edoardo Intonti 

Se Trump ha definito Meryl Streep una delle attrici più sopravvalutate di Hollywood“, in un infelice tweet di diversi mesi fa, ci viene da pensare: quali sono i criteri di valutazione dello spettatore in fatto di attori? Perché spesse volte i beniamini del pubblico non sono quelli preferiti dalla critica, o come sarebbe meglio definirla dalla “comunità cinefila”. Noi che mastichiamo cinema fin da bambini e abbiamo scelto poi di cimentarci anche nella scrittura sull’argomento, ci siamo accorti con il tempo che quei criteri sono in alcuni casi erronei.

Infatti è automatico per lo spettatore perdersi in diversi luoghi comuni per giudicare l’attore: quello dalle più trasformazioni, il più irriconoscibile, è definito il più bravo; ma è pur vero che il costume non fa sempre la performance. Un altro luogo comune, ahinoi molto più frequente è il confondere talento con bellezza, è estremamente facile farsi abbindolare da un bel faccino, ma il physique du rôle è ben altra cosa. 
Consapevoli di scatenare l’indignazione di moltissimi dei lettori, abbiamo provato stendere una selezione dei nomi più frequentemente sopravvalutati dal pubblico, che in fin dei conti meriterebbero molta meno considerazione in base alle loro prove recitative e alle scelte delle loro carriere. Inoltre abbiamo aggiunto anche tre nomi di cui dovreste cambiare al contrario opinione. 

Johnny Depp

L’essere considerato “sopravvalutato” è un termine che ormai spesso, fin troppa gente si arroga di affibbiare ad artisti generici (siano essi registi, attori o musicisti) più per una propria antipatia personale che per una reale causa riscontrabile. E’ innegabile però che le carriere di alcuni artisti siano palesemente frutto di campagne di marketing mirate delle major Hollywoodiane, interessate a costruire personaggi accattivanti su cui puntare le mega produzioni.
Nel caso di Mr. Depp, abbiamo un evidente carriera costruita su un talento, sì presente (Platoon, Edward Mani di Forbice, Neverland, Nemico Pubblico) ma che a forza di essere costretto sempre negli stessi panni ha finito con il renderlo un artista monodimensionale, quasi un caratterista, imprigionato sempre più in ruoli cartooneschi o eccentrici (La fabbrica di cioccolato, L’intera saga di Pirati dei Caraibi, Mordecai, The Lone Ranger). Guardando il box-office delle pellicole più recenti con lui come protagonista, pare evidente che la maggior parte del pubblico sia stufo di vederlo interpretare quei ruoli . C’è da chiedersi che cosa continui a tenere in piedi la carriera di un attore che persiste a dimostrare interesse solo per “ruoli comodi” e che misteriosamente le mega produzioni insistono a coinvolgere in nuovi progetti, come nel caso della nuova saga di Animali Fantastici. Se con titoli come Black Mass ci ha dimostrato recentemente di ricordarsi ancora come effettuare un lavoro sul personaggio, abbiamo dunque ancora un po’ di fiducia per il divo degli anni ’90 e per la sua redenzione.

Will Smith

Uno degli interpreti afro-americani più apprezzati in patria, e anche dal nostro connazionale Gabriele Muccino, con il quale ha collaborato addirittura in due occasioni (ottenendo anche una nomination per La ricerca della felicità ), Smith gode di un’immensa considerazione sopratutto da parte del pubblico, in special modo quello colored, che mai come in questi anni si è dimostrato uno dei punti fondamentali da soddisfare per poter considerare una pellicola degna di partecipare all’awards season. Ecco che nonostante pellicole effettivamente promettenti (Sei gradi di separazione, Alì) quest’attore ha oscillato negli ultimi anni tra blockbuster esplosivi decisamente più in linea con la propria personalità (Man in Black, Hancock, Bad Boys) e decisamente meno riusciti tentativi drammatici, tutti ovviamente in concentrato oscar-friendly (Zona d’ombra, Collateral BeutySette Anime). Non tutti gli attori devono per forza darsi al genere drammatico: il cinema d’intrattenimento esiste per nostra fortuna, ed è sacrosanto che conti fra le sue fila grandi performer a tutto  tondo del calibro di Will Smith: l’importante è che non si  cerchi di affibbiarli titoli o riconoscimenti per qualcosa che al momento non ha ancora dimostrato.

Eva Green 

Chi ha conosciuto e amato questa bellissima attrice nel ruolo di Vanessa Yves per la serie Penny Dreadful rimarrà stupito di vedere questo nome figurare tra i nomi “più sopravvalutati” dello star system: il fatto è  che questa attrice francese (naturalizzata inglese) non ha mai ancora regalato una performance cinematografica degna di nota dai tempi di The Dreamers di Bernardo Bertolucci, e parliamo di 14 anni fa. Dove si è persa Eva Green? Perché è così presente in pellicole deludenti  e senza futuro come La bussola d’oro, Dark ShadowsFranklyn, o peggio ancora, sequel di scarso interesse di film di grosso successo, come per 300: Rise of an EmpireSin City: A Dame to Kill For? Il pubblico tende a rischiare di confondere un’innata presenza scenica (un’immensa fisicità, un’impostata teatralità quasi fuori luogo nella maggior parte delle occasioni) con la capacità di interpretare ad ogni pellicola un individuo diverso. Eva Green ha un’enorme talento, ma deve ancora davvero dimostrarci di saper andare oltre il ruolo della”strega folle” per il quale pare avere una predilezione.

Eddie Redmayne

Redmayne ha  dimostrato di possedere un bagaglio teatrale immenso, forse troppo pesate e performante, che lo spinge a rappresentare quasi a “manuale” ogni smorfia, ogni battito schivo delle ciglia o ogni spasmo. Nel suo ritratto dell’artista danese transgender nato Einar Wegener nel 1882, ma morto come Lili Elbe nel 1931, Redmayne realizza un ritratto quasi caricaturale, zeppo di quel lessico di micro-movimenti che interpreti precedenti in situazioni simili avevano contribuito a realizzare (Jaye Davidson ne La moglie del soldato, Dustin Hoffman in Tootsie, ecc) non riuscendo pienamente a convincere (non quanto l’interpretazione davvero realistica di Jeffrey Tambor in Transparent). Anche il ruolo con il quale ha vinto l’Oscar al migliore attore non convince pienamente: quando, nell’interpretazione di un portatore di handicap, l’imitazione diventa esasperazione caricaturale? Per quanto la somiglianza, unita all’abilità di Redmayne abbiano giocato un ruolo importante nella usa vittoria del celebre biopic La teoria del tutto, bisogna comunque tenere in considerazione il fatto che si sia trattato di un progetto incredibilmente, se non eccessivamente oscar-oriented, spuntandola sul forse più meritevole Keaton. Nel caso vi chiedeste qual è dunque un modo corretto di rappresentare un portatore di handicap, guardate Il mio piede sinistro, con Daniel Day-Lewis. Redmayne è un attore di incredibile talento e versatilità, che fin dai tempi di Savage Grace ha dimostrato di sapersi mettere in gioco con ruoli difficili, aspettiamo dunque fiduciosi la sua interpretazione migliore, che ad appena 35 anni, vogliamo credere non abbia ancora realizzato.

Jennifer Lawrence

C’era un tempo, circa il 2010, in cui Hollywood e il mondo, si erano trovati a simpatizzare con una giovane ragazza del Kentucky tanto alla mano, di una bellezza acqua e sapone e un atteggiamento spontaneo che subito suscitava simpatia. Lavorava anche nel cinema indipendente, poiché astro nascente, dimostrando anche un certa cura nello scegliersi le parti e a rappresentarla.
Poi furono gli Oscar del 2013; quella sbarbatella, diventata vincitrice del premio alla migliore attrice (in barba alla più anziana e forse più meritevole Jessica Chastain) era diventata una delle attrici più richieste per grandi franchise destinati a guadagnare miliardi .
Eppure con il tempo, quello che inizialmente era stato decantato come uno dei suoi punti di forza (non venire dalla snob elité culturale del teatro, non avere un performante background televisivo o da una formazione presso una scuola prestigiosa di recitazione) divenne una palese mancanza che ad oggi sembra sempre più chiaro. Se nei punti più alti della propria carriera (American Hustle, Winter’s Bone) aveva regalato solide interpretazioni, gli ultimi lavori, in particolare Passengers e Joy la confermano un’attrice da botteghino, dedita a scelte facili di carriera e ideali per partecipare alle varie awards season, seppur non particolarmente abile nello sfaccettare il personaggio.
Il punto dell’essere sopravvalutati non è essere dei cattivi attori (e non è questo sicuramente il caso) quanto l’eccessivo elogio di un’attrice, che in così poco tempo si è vista candidare già in quattro occasioni ai premi più prestigiosi del mondo del cinema, vincendo numerosi premi “minori”.

Robert Downey Jr.

Entrato ad Hollywood dalla porta principale, grazie anche all’occupazione del padre regista, Robert aveva tutte le carte in regola per diventare uno degli artisti più eclettici della sua generazione; eppure, come spesso accade a chi ha avuto troppo, troppo presto, Robert ha finito con l’ubriacarsi di se stesso e del proprio ego, azzeccando pochi veri ruoli nella propria carriera cinematografica, in primis il ben riuscito Charlot nel 1992, mentre già con Altman (Shortcuts 1993) si palesa l’inclinazione ad interpretare se stesso l’infinito, sopratutto in  franchise che lo vedono protagonista e irragionevolmente stra pagato (Ironman, Sherlock Holmes) finendo con compromettere la propria capacità di trasformazione che in Tropic Thunder gli meritò la sua seconda ed unica nomination. Per questo autore, il treno del cinema di qualità sembra ormai perso per sempre, continuando a preferire ruoli di ripiego dall’enorme profitto (il cameo in Spiderman Homecoming, o la recente news dell’ingaggio per l’accattivante remake del dottor Dolittle). L’espiazione è sempre possibile, soprattutto date le reali capacità dell’attore, che come in tutti i casi di eccessiva considerazione da parte del pubblico di massa, bisognerebbe avere il coraggio di separarsi dalla strada facile dei blockbuster, magari cimentandosi in un progetto indipendente o  aderendo ad uno show televisivo, dato che già ai tempi di Ally McBeal questo significò per lui un effettivo riconoscimento (un Emmy nel 2001); ad oggi il premio più importante ricevuto dall’attore cinquantenne, oltre che le fondamentali 12 nomination al Teen Choice Awards.

Emma Watson

Essere di bell’aspetto non è un crimine, ce lo dimostrano continuamente una buona porzione della Hollywood attuale, laddove ex modelle del calibro di Charlize Theron, Jennifer Connelly e Naomi Watts, il loro passato nel mondo “superficiale” della moda siano arrivate alle vette più alte del mondo del cinema , ricevendo (e in alcuni casi vincendo), anche l’ambita statuetta dorata. E’ però svilente, veder svettare su molte altre colleghe coetanee, attrici del calibro di Emma Watson, enfant prodige amata da tutti nel ruolo di Hermione Granger, stabilizzatasi ad Hollywood grazie a ruoli, che dalla fine della saga di Harry Potter, possiamo solo chiamare monodimensionali: Bling RingNoi siamo Infinito e recentemente La bella e la bestia, sono solo esempi della ricca e sfaccettata carriera  dell’attrice ventiseienne, da anni però paladina del femminismo e dei pari diritti ad Hollywood. Quello che si osserva tristemente, è come gli altri comprimari della celebre saga del maghetto abbiano fatto fatica per potersi scrollare di dosso il ruolo che per anni avevano interpretato (in primis Daniel Radcliffe che passò dal recitare nudo nell’opera tetarale Equus, il poeta tormentato in Giovani Ribelli, il poliziotto skin-head in Imperium o il cadavere nello sperimentale Swiss Army Man). La Watson, con davanti ancora una carriera molto lunga, si spera avrà la possibilità di dimostrarci davvero di poter rappresentare personaggi complessi, replicando magari il buon lavoro compiuto in Colonia nel 2015.



Quali altri attori meriterebbero un post in questa classifica? E chi invece è fuori luogo?