American Gods 1×03 “Head Full of Snow” – La recensione

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Di Diego Pelizza
Dopo il prologo dell’episodio pilota ambientato al tempo dei Vichinghi e quello della seconda puntata ambientato alla fine del ‘600, questo nuovo episodio di American Gods comincia nel presente e introduce una nuova divinità, Anubi (interpretato da Chris Obi). Il dio egizio della morte va infatti a trovare un’anziana signora appena defunta a causa di un incidente domestico e la conduce in un limbo nel quale, dopo averne soppesato il cuore sulla bilancia della vita, le offre la possibilità di scegliere l’aldilà in cui entrare.
Ritroviamo poi il nostro protagonista dove lo avevamo lasciato: dopo la sconfitta nella partita di dama contro Chernbog, Shadow ha un incontro onirico sul tetto con la più giovane delle sorelle Zarya, la quale lo bacia e gli dona la luna sottoforma di una moneta d’argento. L’indomani Shadow sfida nuovamente Chernobog a una partita di dama, riuscendo infine ad avere la meglio e convincendo quindi il personaggio interpretato da Peter Stormare a unirsi a Mr Wednesday. Il datore di lavoro di Shadow, intanto, progetta una stramba rapina in una banca. Altrove, un nuovo personaggio – il timido Salim – incontra un tassista che si rivela essere un jinn, entità soprannaturale della cultura musulmana a metà tra il mondo angelico e quello umano. 
Dopo i primi due ottimi episodi, la serie tv di Starz continua a convincere. I contorni dell’imminente conflitto tra antiche e nuove divinità, per quanto ancora molto oscuri, cominciano pian piano a chiarirsi e di fronte a eventi tanto straordinari perfino lo scetticismo di Shadow viene messo duramente alla prova. Oltre ad approfondire ulteriormente il rapporto tra i due protagonisti, egregiamente interpretati da Ricky Whittle e Ian McShane, questo nuovo episodio introduce anche nuove figure (il dio Anubis, Salim, il tassista-jinn) e graditi ritorni (il Mad Sweeney di Pablo Schreiber, che dopo aver perso la sua moneta della fortuna nel primo episodio si ritrova vittima di una serie di sfortune). E ancora una volta riesce ad affascinare lo spettatore grazie ad una messa in scena visionaria e potente, che mixa sequenze di efferata crudezza con tocchi di inaspettata poesia, aggirando sapientemente il pericolo di sfociare nel kitsch o nella provocazione fine a sé stessa. Non è ancora possibile avere una visione d’insieme della serie e molti personaggi sono ancora decontestualizzati, ma, giunta quasi al giro di boia del quarto episodio e da poco rinnovata per una nuova stagione, American Gods continua a dimostrarsi una serie suggestiva e coraggiosa, originale e appassionante. 
VOTO: 8/10