Sofia Coppola difende ‘L’inganno’ dalle accuse di razzismo

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Di Gabriele La Spina

Da quasi un mese approdato nelle sale americane L’inganno è diventato un piccolo caso tra i più appassionati di cinema, e contemporaneamente un veicolo di rivalutazione del talento di Sofia Coppola, probabilmente mai così ben recensita dai tempi di Lost in Translation. Ma non tutti hanno apprezzato la sua pellicola, e una buona parte ha criticato la regista per aver eliminato dalla storia del romanzo originale di Thomas Cullinan l’unico personaggio afroamericano, al contrario presente nell’adattamento di 1971 ad opera di Don Siegel. La regista ha così deciso di spiegare la motivazione attraverso l’eminente Indiewire.

Il mio film è ambientato in una scuola meridionale per ragazze durante la guerra civile, quando gli uomini si erano allontanati per lottare per qualche tempo e l’Unione aveva preso piede. Secondo gli storici e numerose riviste femminili del tempo, molti schiavi erano partiti, e un gran numero di donne bianche del Sud erano rimaste in isolamento, avendo a che fare con un mondo il cui tempo era giunto alla fine: un mondo costruito sul lavoro degli schiavi.
Volevo raccontare la storia dell’isolamento di queste donne, tagliate fuori dal mondo, negando il cambiamento di quest’ultimo. Mi sono anche concentrata su come affrontare la repressione e il desiderio quando un uomo entra nel mondo abbandonato e come questa situazione colpisce ciascuna di esse, essendo in diverse fasi della loro vita e dello sviluppo. Pensavo che esistessero temi universali, sul desiderio e sulle dinamiche di potere maschile e femminile che potrebbero riguardare tutte le donne.
Le circostanze in cui si trovano le donne nella mia storia sono storicamente accurate – e non una distorsione della storia, come alcuni hanno affermato.
Da “Mothers of Invention” di Drew Gilpin Faust: “La guerra e l’emancipazione hanno rivelato che molte donne bianche si sentivano completamente ignoranti su come eseguire funzioni di base della vita quotidiana… Una guerra che all’inizio aveva fatto sentire tante donne inutili e irrilevanti. Ha richiesto lavoro e sacrificio significativo anche dalle femmine meridionali più privilegiate…
Durante il film, vediamo studenti e insegnanti che cercano di impedire lo sconvolgimento della loro vita. Alla fine, si bloccano e tagliano tutti i legami con il mondo esterno per perpetuare una realtà che è diventata solo una fantasia. Le mie intenzioni nella scelta di fare un film su questo mondo non sono state celebrare un modo di vivere il cui tempo è finito, ma piuttosto esplorare l’alto costo della negazione e della repressione.
Nel suo romanzo del 1966, Thomas Cullinan ha fatto la scelta di includere uno schiavo, Mattie, come personaggio di ritaglio. Mattie è l’unica che non parla correttamente l’inglese – la sua voce non è nemmeno trascritta correttamente a livello grammaticale.
Non volevo perpetuare uno stereotipo scorretto, visto che i fatti e la storia appoggiavano la mia scelta di mettere in luce la storia di queste donne bianche in totale isolamento, dopo che gli schiavi erano fuggiti. Inoltre, ho capito che trattare la tematica della schiavitù come una tematica di secondo piano sarebbe stato offensivo.
Ci sono molti esempi di come gli schiavi sono stati ritratti in modo appropriato e hanno “avuto una voce” da artisti bianchi. Piuttosto che un atto di diniego, la mia decisione di non includere Mattie nel film deriva dal rispetto.
Alcuni hanno detto che non è responsabile creare un film ambientato durante la guerra civile e non trattare direttamente la schiavitù e caratterizzare i personaggi schiavi. Non ho pensato alla schiavitù durante la preparazione di questo film, ma ci ho pensato e continuerò a farlo. Piuttosto è stato scoraggiante ascoltare le critiche alle mie scelte artistiche, fondate sui fatti storici, etichettate come insensibili, quando la mia intenzione era l’opposto.
Spero sinceramente che questa discussione metta all’attenzione dell’industria la necessità di più film di produttori di colore e di includere più punti di vista e storie.

Le parole di Sofia Coppola non sarebbero potute essere più oneste e intelligenti, su una polemica a dir poco sterile partita soprattutto dai social. Il suo adattamento da inoltre nuova luce a una storia maltrattata nella versione di Don Siegel, qualunquista sulla tematica dello schiavismo e facilmente etichettata come misogina.
L’elegante pellicola di Sofia Coppola arriverà in Italia il 21 settembre.

Per saperne di più: L’inganno – La recensione

Fonte: Indiewire