Venezia 74: First Reformed – La recensione del film con Ethan Hawke

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Di Simone Fabriziani

A quasi quarant’anni dal capolavoro di Martin Scorsese, Taxi Driver (1976) arriva una inaspettata rilettura del film cult scritto da Paul Schrader diretta dallo stesso autore, ormai da decenni lontano dai plausi della critica internazionale e del pubblico di cinefili. Il ritorno alla forma (e ai temi) della sua scrittura più grande arriva come un pugno allo stomaco con First Reformed.


Ad illuminare il cuore di tenebra dell’ultimo Schrader è Ethan Hawke, severo ed appassionato interprete da sempre, che qui regala anima e corpo al Reverendo Toller, ex-militare e cappellano di una parrocchia riformista dal passato oscuro, infestato dal fantasma ingombrante del figlio morto in servizio anni prima. L’incontro con la moglie di un attivista dell’ambiente (Amanda Seyfried) mette in moto una tempesta interiore nel parrocchiano che porterà a conseguenze imprevedibili e violente.

Da molti paragonato al cinema severo ed implacabile di Robert Bresson, “First Reformed” regala allo spettatore della Laguna il miglior film diretto da Paul Schrader da Affliction (1997), vent’anni di assenza dal plauso internazionale culminato in una spietata riconsacrazione dell’epurazione delle strutture sociali mirabilmente affrontate con piglio nel cult di Martin Scorsese, qui invece aggiornate alle inquietudini del “climate change” e dell’eterna lotta interiore tra scienza e fede, tra perdita di fiducia in Dio e in se stessi. A salvarci dall’abisso dell’insondabile vuoto morale, forse, soltanto l’amore inaspettato e ritrovato. Con un grande Ethan Hawke in uno dei ruoli più complessi della sua carriera.

VOTO: 7,5/10


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