American Horror Story: Cult 7×08 “Winter of Our Discontent” – La recensione

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Di Edoardo Intonti

Ormai American Horror Story lo consociamo: pensiamo e speriamo ogni anno che il team di scrittori, registi e produttori possa aver capito dove la stagione precedente aveva fallito. Speriamo, l’anno successivo, di ricevere finalmente il capolavoro che meritiamo, finendo inevitabilmente per rimanere con l’amaro in bocca. In questo episodio, ecco chiari gli errori di Cult.


A tre episodi dal finale, i giochi continuano a non essere chiari: alleanze continuano a disfarsi, la fedeltà all’interno di famiglia e sette sembrano più instabili che mai, lanciando lo spettatore in uno scenario che non può seguire e nemmeno prevedere. C’è chi dirà “è il bello di guardare una serie o leggere un libro scoprire man mano gli eventi narrati”,vero, ma in questi tipi di narrazione seriale  è necessario lasciare ai fan (o allo spettatore generico), la possibilità di scervellassi e confrontarsi con se stesso e altri immaginando possibili implicazioni della trama, conseguenze all’interazione tra i personaggi, e credibilmente, un finale. In Coven tutti ci chiedevamo “Chi sarà la suprema?“: domanda banale che però conteneva al suo interno tutta una serie di scenari che hanno fatto vivere con il fiato sospeso la serie fino all’ultimo episodio. E questo è solo un’esempio di una delle stagioni di AHS, ma vogliamo citare Twin Peaks o Lost? 
In  questo episodio, dopo la premessa femminista e rivoluzionaria portata da Frances Conroy la scorsa settimana (lasciandoci con il dubbio che la rivoluzionaria fosse un’alleata di Kai), ritroviamo le donne rimaste dell’alleanza, in cucina, a preparare i pasti per la nuova forza armata di Evan Peters, sempre intente a voler rovesciare il loro amato ex leader, ma trattenute da Winter, che racconta loro di quando insieme, anni prima, liberò diversi individui dalla prigionia di un predicatore folle (interpretato dal cantante australiano Rick Springfield) incontrato nel “dark web”.
Espediente interessate, che vede Kai come liberatore degli oppressi, ovvero come si era mostrato a noi e al culto ad inizio stagione, ma che ad oggi, non corrisponde alla realtà. il salto da salvatore a dittatore folle è veloce, e in delirio improvvisamente super religioso, Kai chiede alla sorella di portare in grembo il “messia”, che erediterà il controllo del culto. In un rito liberamente ispirato a quello de The Handmaid’s Tale (ma decisamente meno “casto”), viene coinvolto il personaggio di Colton Hayes, ennesima aggiunta no necessaria al cast, che rivela infine il suo ruolo e la storia legata al suo reclutamento. Non vale nemmeno spendere parole per descrivere la pigrizia della scrittura qui presente, che sfocia ancora una volta nel fan-service che lentamente sta distruggendo il format di American Horror Story.

Le ragioni di Kai aggiungono un elemento per l’interpretazione delle sue azioni: un po’ come lo stesso dark web, nato con lo scopo di aiutare gli altri, anche Kai si è ben presto trasformato nella discarica di pensieri malsani e malvagità dell’umanità. Eppure, se questo fosse il punto, avremmo a disposizione spunti decisamente più inquietanti sul tema, dal quale tanto quanto gli autori avrebbero potuto prendere ispirazione (vedi Mr. Robot e Black Mirror).
Ultimo punto è il rapporto tra il dottor Rudy e Ally, definitivamente esaurito dopo la scoperta del legame di parentela che lega il terapista al leader di un culto basato sulla paura. Sarah Paulson, ormai guarita (come? quando?) dalle sue fobie, è pronta a tutto per riavere il figlio Oz, anche unirsi allo stesso culto che l’aveva perseguitata mesi prima facendola quasi impazzire. 
Alcuni pensano che sia stata dello stesso psichiatra l’idea di consegnarsi al fratello per permettere di avere un insider pronto a tutto per distruggere il culto dei clown, ma per ora rimane una semplice congettura. Quale saranno le conseguenze adesso tra lei e Ivy, ora che entrambe portano una maschera? Cult fa uno scivolone sul finale dell’intera stagione, mandando in frantumi (forse definitivi) le speranze degli spettatori che speravano in una Asylum 2.0: certo, non è ancora finita, potremmo sorprenderci.

VOTO: 6/10



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