La ragazza nella nebbia – La recensione del debutto alla regia di Donato Carrisi

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Di Simone Fabriziani

Bisognerebbe prendere esempio della lezione di La ragazza nella nebbia, adattamento cinematografico del best-seller omonimo di Donato Carrisi, qui curiosamente anche all’esordio come sceneggiatore e regista; bisognerebbe prenderlo come esempio per non ripetere mai più un’esperienza simile per il cinema italiano contemporaneo.



La notte è gelida e nebbiosa ad Avechot, paese incastonato in una profonda valle all’ombra delle Alpi. Forse è proprio a causa della nebbia che l’auto dell’agente speciale Vogel è finita in un fosso. Vogel è sotto shock: non ricorda perché è lì e come ci sia arrivato. E a chi appartiene il sangue sui suoi vestiti? Di una sola cosa è certo: non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo. Sono infatti già passati due mesi da quando una ragazza nel paese si è dileguata nella nebbia; da semplice scomparsa a rapimento, il caso è arrivato sotto la luce dei riflettori. È proprio questa la specialità di Vogel: manipolare i media, attirare le telecamere, conquistare le prime pagine dei giornali e, infine, trovare il mostro. C’è bisogno di uno come lui: senza scrupoli, sicuro dei suoi metodi, qualcuno capace di far in modo che il crimine abbia quello che merita: una soluzione e un pubblico.

Premessa accattivante, misteriosa e stimolante quella del film di Carrisi, degna debitrice di suggestioni ed ispirazioni della detective story letteraria, cinematografica, e perché no, anche televisiva. Peccato che il calderone di idee sia un gioco spietato ai luoghi comuni del genere.


Carrisi al suo debutto  ruba immagini, dinamiche già appartenenti all’immaginario investigativo precedente (ma questo era tutto sommato il fulcro intenzionale dello stesso romanzo best-seller), e c’è veramente tutto: dal detective di polizia tormentato ma chirurgicamente geniale alla piccola comunità montana risvegliata bruscamente da una sparizione sconvolgente ed improvvisa, fino al ritratto di indagati e semplici membri della comunità più “grigi” che manichei bianchi e neri; nessuno è quello che sembra ed il male, nella sua banalità, è l’emblema dell’inevitabilità del cuore di tenebra dell’essere umano, a cui non c’è rimedio, fuga o consolazione.
Nonostante il buon cast capitanato da un teatrale Toni Servillo e dalla partecipazione dell’attore francese Jean Reno, a La ragazza nella nebbia manca però il coraggio; quello forse necessario per svincolarsi da cliché e da una messa in scena ingenua; pur in buona fede, il debutto alla regia di Carrisi è un disservizio alla freschezza e alla urgente volontà del cinema italiano odierno di potersi e volersi rimetter in gioco, scardinando le regole prestabilite dai generi cinematografici, rivitalizzandosi. Un’ingenuità, anche nel linguaggio utilizzato e nella scrittura facilona, che paga infine lo scotto di un’operazione in buon fede, ma svogliata.

VOTO: 5/10



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