‘Madre!’: Chiavi di lettura e interpretazione del film più controverso dell’anno

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Di Daniele Ambrosini

Il discusso e divisivo film di Darren Aronofsky ha bisogno di tempo per essere metabolizzato. Le reazioni negative all’anteprima mondiale di Venezia lo scorso settembre erano prevedibili ed anche ampiamente giustificate, dopotutto madre! è un film che spiazza e che vuole farlo, che punta tutto sul costante senso di fastidio e di inadeguatezza che può insinuare nello spettatore – una “tattica” analoga a quella utilizzata dal miglior Lars Von Trier – e che soprattutto è fiero del suo essere sopra le righe, ostentatamente pacchiano e sfacciatamente autoriale.
Passato più di un mese da quella prima proiezione possiamo dire di aver avuto abbastanza tempo per metabolizzare il film, il suo messaggio, le sue strutture e le chiavi di interpretazione, che ne fanno un’opera affascinante da analizzare, destrutturare e ricomporre. Perché, al di là dei meriti artistici, ad Aronofsky va riconosciuto di aver creato un film che è una vera e propria esperienza cinematografica; sia che poi si finisca per amarlo o per odiarlo, parlarne sarà un piacere. Da qui in avanti seguono spoiler sul film
L’intero film è strutturato come
una grande allegoria, da qui deriva probabilmente l’ostacolo principale per la sua comprensione, ed Aronofsky, conscio di questo, ha preferito parlare
subito delle sue reali intenzioni narrative, svelando il significato dietro
all’allegoria da lui costruita. Stando alle sue parole infatti, madre! andrebbe
interpretato come un’allegoria ecologica. In passato abbiamo avuto film in cui
il sottotesto ecologico era importante o addirittura vere e proprie fiabe
ecologiche che puntavano a sensibilizzare il pubblico, con madre! siamo di fronte ad
un’operazione completamente diversa: Aronofsky realizza un film che sembra
gridare vendetta per un pianeta sull’orlo del collasso. Madre! è a tutti gli
effetti un film ecologista che mira a far passare il suo messaggio facendo
rumore, scuotendo gli animi e costringendo lo spettatore alla riflessione.
Sotto questo punto di vista (e non solo) sicuramente siamo di fronte ad un film
atipico nel suo genere.
Ma tentiamo di comprendere gli estremi dell’interpretazione ecologista del film: la Madre interpretata da Jennifer Lawrence è madre terra ed essendo ella stessa la casa, come esclamato da Javier Bardem nella scena finale, è possibile constatare quale sia il rapporto che intercorre tra le due. Madre è l’unico personaggio nel film che ha un minimo di premura verso la casa, è colei che tenta di aggiustarla, di migliorarla, di preservarla e facendolo si prende cura di sè stessa, come  fosse un meccanismo di conservazione ed autoregolazione. Madre e la casa sono un unico organismo vivente finalizzato alla creazione della vita, non è un caso che il feto compaia nelle visioni di madre all’interno delle pareti della casa. Lo scopo di madre natura è la creazione della vita, qui rappresentata dal bambino della Lawrence, dalla stessa maternità; una volta privata madre natura della vita, dopo la morte del bambino, essa riversa la sua ira sull’umanità. Dopo aver assistito alla guerra, alla morte del proprio bambino ed essere stata maltrattata fisicamente, Madre scatena la propria ira, infatti tra gli ospiti inizia a prospettarsi la carestia, la casa inizia a cadere a pezzi e gli ospiti stessi sembrano decimati: è la natura che scatena una forza distruttrice uguale e contraria a quella dell’uomo. Aronofsky sembra dirci che la nostra società è arrivata ad un punto in cui essa sembra sentirsi estranea ai meccanismi naturali e perciò si sente libera di oltrepassarli, ma questo non può non avere delle conseguenze.

Aronofsky sostiene di aver scritto la prima versione della sceneggiatura in cinque giorni e gli si crede facilmente, infondo madre! è un film impulsivo, implacabile, viscerale e fortemente emotivo, ma il breve lasso di tempo impiegato per la stesura non corrisponde affatto ad una scrittura frettolosa e semplicistica. Proprio per questo è impossibile limitare l’interpretazione dell’intero film alla semplice allegoria ecologica, non può essere un caso che il regista per raccontare la sua storia abbia deciso di impostare la narrazione principale secondo linee guida estratte dall’antico testamento. I riferimenti biblici sono numerosi e ben studiati ed è perciò impossibile pensare che siano un semplice escamotage narrativo, devono essere a tutti gli effetti parte integrante della storia e devono costituire una chiave di interpretazione non indifferente per comprendere a fondo il messaggio del film.

Seguendo l’interpretazione in chiave biblica, gli ospiti inattesi interpretati da Ed Harris e Michelle Pfeiffer sarebbero Adamo ed Eva, ed i litigiosi figli sarebbero Caino e Abele (primi simboli della degenerazione dell’uomo). Aronofsky ha anche inserito una scena in cui è possibile notare che al personaggio di Ed Harris manca una costola, per chiarire ogni dubbio; a questo bisogna aggiungere che loro sono i primi personaggi ad entrare in casa, con il benestare di “Lui” – il personaggio interpretato da Javier Bardem. Se ci sono Adamo ed Eva deve esserci un Eden. La stessa casa è l’Eden? No, la casa rappresenta la terra, l’Eden in madre! è rappresentato dallo studio di Bardem, il luogo dove avviene la creazione dei suoi versi, luogo dove i due ospiti sono invitati ad entrare all’inizio del film ma dal quale vengono scacciati dopo aver distrutto il diamante, il cuore della casa (letteralmente). Dopo quell’evento lo studio viene barricato e nessuno vi metterà più piede fino al momento del parto. 
Ma chi è il personaggio interpretato da Javier Bardem? È Dio. È il Dio che ha il potere di aprire e chiudere le porte dell’Eden e che ha l’imperativo di creare. Mentre la Madre di Jennifer Lawrence, pur restando rappresentazione di madre natura (le interpretazioni biblica ed ecologica si integrano a vicenda, non vanno considerate alternative), assume anche nuovi ruoli in relazione alla figura del Dio. Madre rappresenta infatti la vera devozione – in netto contrasto con l’idolatria incondizionata degli ospiti – che trova la sua incarnazione biblica nella figura della Madonna, la cui rappresentazione è a sua volta affidata a Madre, che porta in grembo il salvatore. Per la nascita del bambino vengono riaperte le porte dell’Eden, gli ospiti da invasori si fanno Re Magi e portano doni al nascituro che potrebbe salvare la casa dalla distruzione. Dio insiste: la casa è di tutti, loro devono vedere il bambino. Il bambino Gesù esposto al mondo finisce per diventare un agnello sacrificale, il suo dovrebbe essere un sacrificio espiatore che dovrebbe riportare la pace in terra tra gli uomini. “Prendetene e mangiatene tutti: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”, così il corpo dilaniato del bambino finisce fatto a pezzi in bocca agli ospiti, egoisti invasori. Nell’ultima concitata parte del film, quando tutti gli ospiti della casa iniziano a scatenare l’inferno si fa avanti un ritratto spietato dell’umanità: gli ospiti infatti rappresentano tutti gli uomini che con il loro fare sprezzante stanno distruggendo la terra ma non solo, stanno anche distruggendo la religione. Era impossibile infatti che un largo uso di metafore religiose non portasse anche ad una riflessione più dettagliata in ambito religioso. La casa si fa così anche chiesa, luogo di culto dove tutti quegli uomini si recano per sentirsi più vicini al Dio-creatore che credono di omaggiare seguendolo ciecamente ed idolatrandolo senza guardare al prossimo. Emerge forte il contrasto con Madre, che rappresenta la vera devozione che resta sempre al fianco del Dio fino all’ultimo momento, anche dopo essere stata disprezzata, allontanata, messa in difficoltà (e qui torna alla memoria il discorso sulla Grazia e la Natura di The Tree of Life); mentre la fedeltà dogmatica che caratterizza gli ospiti gli dona l’illusione di essere più vicini a Dio. Ma infondo il Dio di Bardem è un Dio che ama le attenzioni, un Dio affine a quello del vecchio testamento dove l’imperativo divino era la preghiera, ma allo stesso tempo potrebbe rappresentare anche una visione ben diversa di Dio. Bardem nel film è un poeta, è dalla sua poesia che scaturisce la sua forza creatrice, e c’è una religione il cui testo sacro è scritto in poesia e si dice sia stato dettato direttamente da Dio: l’Islam. È possibile che Aronofsky raccontando la sua parabola ecologista abbia voluto inserire riferimenti al nostro presente accusando il fondamentalismo islamico ed esaltando la vera devozione? Potrebbe essere. Infondo quella della poesia non sembra una scelta casuale e la casa nella seconda metà del film si fa scenario mondiale della contemporaneità, raccontando le piaghe che stanno distruggendo il pianeta, quindi perché non annoverare le guerre di religione e gli idealismi estremisti come causa della distruzione di un pianeta che, è bene ricordarlo, soffre molto delle lotte intestine che vorrebbero l’umanità divisa? 
Le prime criptiche scene del film acquisiscono significato alla luce del finale, infatti Aronofsky imprime alla sua storia carattere ciclico, come se si potesse ripetere all’infinito: Dio lascerà all’uomo la terra e questo la distruggerà ancora e ancora. La forza creatrice di Dio ha in sé anche la distruzione e trae la propria forza dall’amore, dalla vera devozione rappresentata da Madre che permette alla terra di rigenerarsi e al Dio di creare di nuovo. Ma l’incognita nell’equazione è l’umanità, alla quale Dio da la propria fiducia ed affida la terra – la sua casa, il creato. Perciò quello di Aronofsky è un monito a trattare meglio il nostro pianeta per salvaguardare noi stessi. Quello di madre! è un mondo ormai arrivato al limite, un mondo morente che ha bisogno di provvedere alla propria distruzione per poter rinascere grazie alla mano di Dio: si tratta di un vero e proprio atto di fede. È Madre il vero Agnus Dei, non suo figlio.
È pur vero che il rischio con un film come madre! è quello di sovrainterpretare, di andare a cercare significati e collegamenti nascosti laddove non ce ne sono, eppure in qualche modo va bene anche così, Aronofsky ha creato un film densamente stratificato che racconta un’enorme allegoria ecologica attraverso strutture bibliche e l’ha infarcita di riferimenti, chiavi di lettura e spunti di riflessione proprio nel tentativo di creare un dialogo intorno al film e ci è riuscito perfettamente. Lo stesso Aronofsky è consapevole della voglia di interpretare e di capire dello spettatore e perciò decide di lasciare almeno un mistero insoluto: la natura della polvere gialla che Madre assume quando ha un attacco d’ansia. Il regista ha dichiarato che si porterà questo segreto nella tomba. Quale sarà il suo ruolo nel film? Nella Bibbia il giallo ha una doppia valenza: è colore di santità e di perdizione: il colore dell’oro (valenza positiva) e dello zolfo (valenza negativa); e proprio lo zolfo sarebbe legato ad un racconto di distruzione: quello di Sodoma. Che la terra sia da interpretare come una moderna Sodoma? Il colore giallo ha un ruolo fondamentale in tutto il film ed è il colore verso cui verte la fotografia di Matthew Libatique, avere conoscenza di cosa esso simboleggi potrebbe davvero cambiare l’interpretazione generale del film? Oppure è lo stesso Aronofsky che gioca con la volontà dello spettatore di cogliere significati nascosti? Comunque sia questa è l’ennesima conferma che ci troviamo davanti ad una vera e propria esperienza cinematografica che trascende la sala e si insinua prepotentemente nella memoria. Madre! è un film dalla struttura narrativa atipica che lavora sulla costruzione della tensione muovendosi attraverso i generi per far esplodere una simbologia feroce dopo una quiete apparente, e che lo si ami o lo si odi è impossibile restare indifferenti al viaggio che questo autore ha creato per un pubblico da troppo tempo adagiato sugli allori della propria comfort zone. Madre! scuote le coscienze e crea dialogo e lo fa con coerenza, e non è mica poco.