Chiamami col tuo nome – La recensione del film di Luca Guadagnino con Armie Hammer e Timothée Chalamet

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Di Simone Fabriziani
A metà degli anni Ottanta, nell’Italia settentrionale, il diciassettenne Elio (Timothée Chalamet), l’unico figlio della famiglia italo-americana dei Perlman, si prepara ad affrontare un’altra noiosa estate nella villa dei genitori quando l’arrivo di Oliver (Armie Hammer) sconvolge i suoi giorni. Accademico ventiquattrenne, Oliver è arrivato per aiutare il padre di Elio (Michael Stuhlbarg), insigne professore ed esperto di cultura greca. Durante le sei settimane di permanenza dell’ospite, Elio viene conquistato dal suo essere frizzante, spontaneo e affascinante.



Tratto dal romanzo omonimo dello scrittore statunitense André Aciman, Chiamami col tuo nome segna la seconda incursione di Luca Guadagnino nell’esperienza della lingua inglese dopo il tiepido seppur ipnotico A Bigger Splash. Citando alla luce del sole ed facendosi ispirare da un racconto cinematografico assorto figlio delle influenze del cinema di Bernardo Bertolucci e dell’Eric Rohmer degli anni ’60, il regista palermitano firma un’ode all’amore ai tempi dell’adolescenza, state of mind incorniciato dai tenui colori di una languida estate del Nord Italia.


Cinema di sospiri, di attese e di corpi in trasformazione, il percorso di presa di coscienza dell’identità sessuale di Elio trova il suo habitat naturale nelle tessiture impareggiabili dell’adattamento dalle pagine al grande schermo curato dal veterano britannico James Ivory, che ben tratteggia quella che, anche a detta dello stesso Guadagnino, è la storia di una famiglia e delle relazioni che intercorrono tra i suoi membri nel momento in cui un elemento di disturbo (l’arrivo di Oliver) sconquassa gli equilibri risolvendosi una meditata riflessione sul primo amore, sulla trasformazione e sul cambiamento.

Inquadrettato da una vivida fotografia che enfatizza le bellezze naturalistiche e artistiche della assopita e calorosa provincia di Cremona sotto il sole di una torrida estate degli anni ’80, Chiamami col tuo nome, seppur spesso allontanandosi dalle parole scritte da Aciman, riavvicina i raccordi perduti dal grande cinema d’autore con il vero senso dell’erotismo: un viaggio senza meta finale verso la riappropriazione del sé e del proprio posto nel mondo; e tutto poi sarà diverso, per sempre.
Memorabile il ritratto del giovane Elio Perlman regalato dalla straordinaria forza espressiva di Timothée Chalamet, gigante tra i giganti nella nuova onda generazionale del grande schermo americano.

VOTO: 8,5/10