Lady Bird – La recensione del film di Greta Gerwig candidato a 5 premi Oscar

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Di Simone Fabriziani

Christine McPherson (Saoirse Ronan) è un’ambiziosa e precoce liceale all’ultimo anno. Desiderosa di liberarsi del giogo della vita suburbana di Sacramento, sogna un’esistenza diversa in una città della costa orientale tra i grattacieli, i college e la cultura cosmopolita. Per essere accettata in un college, però, necessita anche di crediti extracurriculari quando decide di entrare a far parte di un club di teatro. Ciò porta nuova linfa alla sua vita sociale e a quella privata, segnata da una madre ipercritica (Laurie Metcalf) e da un padre da poco licenziato (Tracy Letts).

Omaggiando le muse ispiratrici della sua formazione dietro e davanti la macchina da presa, l’interprete del cinema indie Greta Gerwig viaggia in solitaria e decide di raccontare in veste di regista i tumulti interiori della sua vita adolescenziale nella città californiana di Sacramento, ripetendone con rivelatoria onestà e abilità nella scrittura dei personaggi le dinamiche più intime e routinarie.
Lady Bird è, a tutti gli effetti, il racconto di uno state of mind ribelle e reazionario nei confronti di una realtà famigliare e relazionale che la Gerwig narra con piglio realistico e confidente verso il suo pubblico di riferimento: difficile dunque non immaginare il successo oltreoceano nelle sale statunitensi per questa piccola e personalissima coming of age story che ha terminato il suo viaggio trionfale partito dall’ottima accoglienza al Telluride Film Festival con 5 candidature agli Oscar.

Seppur apparentemente formulaico e privo di innovazioni di genere, Lady Bird nascondo nella botte piccola il vino più buono: impossibile non innamorarsi della vulcanica Christine e della sua complicata famiglia, impensabile non provare empatia per la mamma ipercritica impersonata da una commovente Laurie Metcalf; il film di Greta Gerwig conquista il pubblico perché ammantato di vita vera, di contesti e situazioni di tale onestà narrativa da riuscire a replicare i tumulti di chi adolescente lo è già stato ed ha vissuto e provato le stesse pulsioni, gli stessi stimoli di Christine “Lady Bird”. Quando il grande cinema non è puro arzigogolo ma esaltazione delle virtù dell’autobiografia stessa e sapiente costruzione di momenti, stati d’animo, amore per i propri personaggi, così vividi da avere la limpida sensazione di averli conosciuti da sempre. O perlomeno, da quando eravamo adolescenti anche noi.
VOTO: 7,5/10


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