Ready Player One – La recensione del futuristico sci-fi diretto da Steven Spielberg

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Di Simone Fabriziani

In un futuro prossimo, un giovane emarginato di nome Wade Watts fugge dalla sue fatiche quotidiane accedendo a un gioco per computer multigiocatore chiamato ‘Oasis’. Morendo, il fondatore milionario del gioco lascia la sua fortuna come premio di una caccia al tesoro all’interno dell’Oasis. Watts prende parte alla competizione dove si ritroverà a doversi confrontare – realmente e virtualmente – con nemici disposti a tutto pur di mettere le mani sulla fortuna. Dalle pagine di Ernest Cline allo spettacolo visivo di Steven Spielberg il passo è breve: Ready Player One è l’imprescindibile summa di tutto il cinema del regista premio Oscar.



Difficile cadere nel tranello dell’arcobaleno delle citazioni, delle autocitazioni e degli innumerevoli easter egg di cui è disseminato l’adattamento curato da Zak Penn e dallo stesso Cline, la carta vincente del rutilante sci-fi futuristico di Steven Spielberg è nell’aver avuto ancora una volta il coraggio di realizzare una pellicola a due facce: una rivolta al futuro della narrazione cinematografica, l’altra ben piantata con gli occhi verso il (proprio) passato. Dopo alcuni e recenti passi falsi di puro entertainement con i poco riusciti Il GGG – Il grande gigante gentile e, ancor prima, il fallimentare quarto capitolo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, Spielberg chiude l’ultimo anno di lavoro dietro la macchina da presa sfornando all’età di 71 anni due tra i titoli più solidi della sua carriera recente, iniziato con l’uscita in sordina alla fine dell’anno e per il rotto della cuffia con il notevole The Post ed ora con l’ambizioso racconto nerd con protagonista la star in ascesa Tye Sheridan.



Tutto sommato, al di là del pur portentoso spettacolo visivo della realtà virtuale Oasis, Ready Player One è ben più riuscito ed interessante per la componente umana che ne scaturisce; gli “altissimi cinque” giocatori delle trame post-mortem di James Halliday (un inedito Mark Rylance geek e cervellotico) sono il gradito ritorno in posizione centralissima del potere rivoluzionario e creativo degli adolescenti e dei bambini contro un mondo di ostinati adulti, responsabile di un declino distopico della società americana, sempre più iconograficamente vicina ad una immensa baraccopoli di diffusa miseria umana, la cui unica via di fuga risulta la sola realtà virtuale creata dalla mente lungimirante di Halliday; un ritorno in prima linea che non che far tornare indietro la mente a classici del regista come E.T. L’extraterrestre e Hook – Capitan Uncino.

Una vera e propria rivincita dei nerd riaggiornata alla moda della nostalgia della cultura pop degli anni ’80 che si fa imponente sinfonia visiva e musicale (e le note composte da Alan Silvestri ben incapsulano il sentimento di recupero del passato multimediale) che (ri)pensa il cinema di Steven Spielberg e lo agglomera tutto quanto, nel bene e nel male. A ben pensarci, soltanto il regista premio Oscar che ha forgiato e rimodellato la cultura visiva degli anni ’80 e ’90 per sempre poteva prendere le redini dell’ambizioso adattamento del romanzo cult di Ernest Cline, la cui maggior fonte di ispirazione nerd (in buona parte) è la stessa filmografia di Spielberg.
E non vi abbiamo nemmeno menzionato le numerose sequenze già di culto che costellano il film in uscita nelle sale italiane il prossimo 28 Marzo. Ma quelle sono easter egg che voi spettatori avrete il compito di smascherare.



VOTO: 8/10