End of Justice: Nessuno è innocente – La recensione del film con Denzel Washington candidato all’Oscar

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Di Simone Agueci

Roman J. Israel, avvocato di
Los Angeles, è il protagonista della nuova fatica di Dan Gilroy, regista che
molti ricorderanno grazie a Nightcrawler – Lo sciacallo. Roman è socio di uno studio
legale insieme a William Jackson, suo storico amico e compagno di studi, dove
principalmente seguono casi di persone di ceto sociale basso e spesso
impossibilitati a permettersi un avvocato decente. I due colleghi, pur
lavorando insieme svolgono mansioni totalmente diverse: William è l’anima dello
studio e si occupa di seguire i clienti dall’inizio alla fine, di presentarsi
in aula affrontando giudice e giuria, mentre Roman, complice anche il carattere
troppo irruento e poco riflessivo, è tenuto nell’ombra e tiene d’occhio tutte
le scartoffie e la parte burocratica in maniera a dir poco scrupolosa.

Tutto
l’equilibrio creato negli anni viene improvvisamente interrotto da un attacco
cardiaco che colpisce William, costretto in stato comatoso in un letto
d’ospedale. Di fronte a tutto ciò e soprattutto di fronte al costante deficit
economico, lo studio verrà presto chiuso.

L’intera pellicola è
ambientata in  una Los Angeles cinica, violenta
e razzista, avvolta da un velo di ipocrisia, il protagonista si ritrova immerso
in tutto questo e capirà molto presto che la giustizia e la legge non sono
assolutamente uguali per tutti anzi. L’etica e la morale sono due temi
fondamentali se non onnipresenti durante tutto il film: è giusto che persone
che non possono permettersi una difesa vengano spremuti fino al midollo? Perché i cittadini di colore non hanno lo stesso trattamento dei bianchi in tribunale? Perché farsi
in tre per aiutare i bisognosi senza avere nessun riscontro economico e avendo
tutto il  sistema legislativo contro di
te? Queste sono alcune delle domande che l’avvocato si fa continuamente durante
tutta la vicenda andando persino in contraddizione con se stesso e con i propri
valori fondamentali per poi rinsavire e rimettersi in carreggiata.



Una nota di merito va
al’interpretazione del protagonista (R.J. Israel) eseguita con grande successo
da un camaleontico Denzel Washington, irriconoscibile sia nel volto che nelle
movenze, trasformandosi in un uomo che non riesce e non vuole minimamente
integrarsi con la società moderna, che non accetta i compromessi, o almeno
prova a non cedervi. L’esecuzione della parte è valsa a Denzel Washington una
candidatura agli Oscar come miglior attore e il film ha ottenuto una
candidatura ai Golden Globes. 
Roman J. Israel, Esq. non riesce a trasmettere a pieno gli ideali e i
valori di una giustizia equa e senza pregiudizi anche grazie a una
sceneggiatura non proprio eccelsa e a volte un po’ troppo prolissa, ma riesce a
tenersi in piedi soprattutto per le tematiche affrontate e per un cast molto
soddisfacente nel complesso.
VOTO: 6,5/10