La prima notte del giudizio – La recensione del prequel della saga horror

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Di Simone Fabriziani

Dietro ogni tradizione c’è una rivoluzione. Per il Giorno del Ringraziamento il governo ha in mente di concedere 12 ore di anarchia, durante le quali ogni crimine viene condonato. Si tratta della prima volta che l’esperimento viene messo in atto per spingere il tasso di criminalità al di sotto dell’1% nel resto dell’anno, come asseriscono gli studi sociologici. Quando però la violenza degli oppressori incontrerà la rabbia degli emarginati, ciò che ne verrà fuori sarà una lunga notte che metterà alla prova l’intera nazione. Quarto capitolo della redditizia saga dell’orrore prodotta da Blumhouse, La prima notte del giudizio arriva nelle sale italiane a partire da giovedì 5 luglio con Universal Pictures.
Il film diretto da Gerard McMurray e scritto da James DeMonaco è a tutti gli effetti il prequel cronologico dei sanguinosi ed anarchici eventi raccontati nella serie cinematografica iniziata con sorprendente successo con il primo capitolo del 2013. Se non la più interessante dal punto di vista puramente del linguaggio cinematografico, la serie de La notte del giudizio lo è invece dal punto di vista contenutistico, qui come non mai caricato di sotto testi sociali e politici nel film di McMurray; perché raccontare il primo esperimento che ha portato all’enorme successo della infausta tradizione (fittizia) della Purga statunitense significa necessariamente condannare lo stato delle cose sociali dell’American contemporanea. La prima notte del giudizio è paradossalmente il più politico e sovversivo dell’intera saga.

Nata come esperimento governativo per ridurre il tasso della criminalità e del peso economico delle classi operaie, la Purga si trasforma inevitabilmente in una lotta senza esclusione di colpi tra carnefici e vittime, una lotta che si tinge di connotati di differenza sociale sempre più accentuati. Dove invece sorprende il prequel prodotto da Jason Blum è nella felice commistione tra azione adrenalinica, tensione narrativa racconto intimo degli ultimi della società Usa: più che una visione anarchica d’insieme della prima Purga, essa è triangolata attraverso le vicende private di alcuni personaggi della classe medio-bassa di Staten Island, New York appartenenti ad etnie minoritarie; la ricetta per il neanche troppo velato grido di protesta contro la politica controversa di Donald Trump è servita.

Mix godibilissimo tra analisi sociale e tensione narrativa al cardiopalma, La prima notte del giudizio non raggiunge le vette da game changer del primo capitolo del 2013, ma chiude (?) la saga horror-politica con un cerchio cronologico con gli occhi puntati al passato del racconta, ma con la testa ben piantata al presente e all’immediato futuro degli Stati Uniti d’America. Nel cast, in un piccolo ruolo, anche il premio Oscar Marisa Tomei.

VOTO: 6/10


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