The Equalizer 2 – Senza perdono – La recensione del film con Denzel Washington

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Di Daniele Ambrosini

In questo secondo, quasi completamente indipendente, capitolo della saga del vendicatore di Antoine Fuqua interpretato da Denzel Washington, l’ex marine e agente segreto Robert McCall ha iniziato una nuova vita come autista di Lyft (un servizio di trasporto simile a Uber) in una nuova città, senza però rinunciare ad aiutare tutti quelli che ne hanno bisogno ed hanno la fortuna di trovarsi lungo la sua strada.

Ma proprio quando tutto sembra iniziare ad andare per il verso giusto, l’omicidio di una sua amica cambia le carte in tavola, e per riuscire a risolvere il mistero dietro la sua morte, l’agente McCall dovrà affrontare i demoni del suo passato all’interno di una cospirazione guidata da persone di cui credeva di potersi fidare. 

The Equalizer 2 è un film d’azione in cui di azione ce n’è molto poca, ma inserita nei punti giusti e discretamente accattivante per tenere alta l’attenzione del pubblico nel corso dell’intera pellicola. Peccato però che tutte le scene d’azione concentrate nella prima metà del film siano praticamente inutili allo svolgimento della pellicola, infatti per essere un sequel The Equalizer 2 perde fin troppo tempo nell’introdurre la linea narrativa principale del film. La natura estremamente moraleggiante del personaggio di Denzel Washington, forse, ha gravato sulla decisione di dedicare tanto spazio a delle storie collaterali concentrate nella prima parte del film che hanno il solo scopo di ripresentare il monolitico ed incorruttibile personaggio di Robert McCall ad un pubblico nuovo, ma per fortuna gli autori hanno deciso di non concentrarsi molto sulla componente etica nel resto della pellicola che altrimenti ne sarebbe risultato terribilmente appesantita. Il problema del film però non è legato soltanto a quella prima metà caricata di azione e moralità, ma è anche e soprattutto legato alla gestione delle storyline secondarie. Infatti nel film vengono introdotte molte storie collaterali che non hanno una reale utilità narrativa, se non quella di allungare inutilmente la pellicola, e che finiscono per risultare anche fastidiose per quanto poco sottosviluppate o fuori luogo. 
Un lungo finale, costruito come un crescendo emotivo, è incentrato sulla risoluzione della vicenda centrale del film, ossia la cospirazione che ha portato all’uccisione dell’amica di Robert. Ed è proprio quest’ultima parte, il vero cuore del film, a sollevare molti dubbi: girato in buona parte dal punto dei vista dei suoi aggressori, il finale perde di vista per molto il personaggio di McCall che fino ad allora era stato su schermo praticamente in ogni singola scena, creando un’effetto straniante che a conti fatti non è un bene. Che la risoluzione sia banale era ovvio, ma che fosse anche poco avvincente è una delusione.

VOTO: 5/10


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