Il ritorno di Mary Poppins – La recensione del sequel Disney con Emily Blunt e Meryl Streep

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Di Simone Fabriziani
Nella Londra degli anni Trenta, Michael e Jane sono oramai cresciuti. Michael, i suoi tre figli e la loro governante Ellen, vivono a Cherry Tree Lane quando, dopo una dolorosa perdita personale, nella vita della famiglia Banks torna prepotentemente l’enigmatica tata Mary Poppins. Con l’aiuto dell’ottimista lampionaio Jack, Mary Poppins userà le sue abilità magiche per aiutare la famiglia a riscoprire la gioia e la felicità contando sulle sue stravaganti conoscenze. Dal 20 dicembre nelle sale italiane, arriva dopo 54 anni di distanza dal primo classico firmato Disney Il ritorno di Mary Poppins.
Ispirato alla serie di romanzi per ragazzi pubblicata il secolo scorso dalla autrice britannica P.L. Travers, la tata più celebre della storia del cinema ritorna con un passaggio di testimone azzeccato, dal premio Oscar Julie Andrews (che proprio per il ruolo aveva vinto la statuetta) alla britannica Emily Blunt, qui incantevole nel dipingere la tata magica più celebre della letteratura e del cinema. A dirigere l’ambizioso sequel è il regista coreografo Rob Marshall , già alle prese con il musical ai tempi del successo di Chicago e , più recentemente, con la Disney con il poco fortunato Into The Woods. Proprio nell’adattamento del musical di Stephen Sondheim Marshall aveva riunito la Blunt e il premio Oscar Meryl Streep dopo i fasti della commedia campione di incassi del 2006 Il diavolo veste Prada; ora le due attrice tornano per la terza volta davanti la macchina da presa per quello che più che un seguito canonico ha tutti i crismi del revival.

Perché Il ritorno di Mary Poppins è soprattutto una celebrazione del film del 1964 diretto da Robert Stevenson, ne ricalca contesti e situazioni, la funzione dei nuovi personaggi sembra surrogare quella dei precedenti, il percorso del racconto è dunque inevitabilmente segnato da pietre miliari che fanno orgogliosamente riferimento al capolavoro degli anni ’60. Seppur popolato dunque da nuovi e colorati personaggi (su tutti la cugina Topsy nel cammeo glorificato di Meryl Streep e il lampionaio di Lin-Manuel Miranda), il film di Marshall non riecheggia di idee originali, ma gioca le carte più facili con il timore reverenziale di stravolgere ed edulcorare i messaggi del film di Stevenson.

Se dunque l’operazione Mary Poppins Returns è giustificata solo in parte da una deludente struttura a specchio riflesso del suo ingombrante predecessore, dall’altra l’atmosfera tipicamente old-fashioned delle nuove avventure della tata britannica ne preserva lo spirito giocoso e magico. Il plauso maggiore è dunque quello che va al compositore Marc Shaiman, autore delle orchestrazioni originali e di un armamentario di canzoni fresche e nuove degne della miglior tradizione Disney. Un’operazione riuscita a metà che farà sorridere il pubblico della vecchia generazione, cresciuto a pane e Mary Poppins, che la nuova guardia. Oltre a Blunt, Streep e Miranda, un cast di comprimari di lusso, tra cui Colin Firth, Angela Lansbury, Ben Whishaw e il redivivo Dick Van Dyke.

VOTO: 6,5/10


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