Baby Boss 2: Affari di famiglia | La recensione del sequel d’animazione targato Dreamworks

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Di Dario Ghezzi

A 4 anni di distanza dal primo capitolo capace di incassare 500 milioni di dollari in tutto il mondo, arriva il 7 ottobre nelle sale il film Baby Boss 2 Affari di famiglia, diretto da Tom McGrath. La trama parte circa 25 anni dopo il primo film e ritroviamo Tim e Ted ormai adulti, ciascuno preso dalla propria vita. Tom è un padre amorevole, che tuttavia non riesce più a comprendere sua figlia. Ted, invece, è diventato un manager di successo. La situazione è destinato a cambiare radicalmente quando Tina, la figlia neonata di Ted, si scopre appartenente alla Baby Corp., coinvolgendo il padre e lo zio in una missione segreta e facendo in modo che tornino di nuovo bambini. 

Baby Boss 2: Affari di famiglia cerca di bissare il successo del precedente capitolo e, forse per questo, cerca di sfruttare quelli stessi elementi presenti. Infatti, Ted e Tim diventano nuovamente bambini, ritrovandosi negli stessi meccanismi ma cercando, stavolta, di recuperare il loro rapporto e trovare un punto di incontro. Per Tim, tornare bambino vuol dire anche riuscire a comprendere Tabitha, la figlia maggiore, in preda ai suoi problemi esistenziali e all’immagine di un padre forse troppo ingombrante e che non sembra pronto a lasciarla andare. 

Ed è così che Baby Boss 2 si fa portavoce delle dinamiche famigliari, cercando di sfruttare una platea più ampia. Non a caso, il cattivo del film ha in mente proprio di eliminare i genitori dalla faccia della terra. 

Dal punto di vista narrativo, il film regge particolarmente bene nella prima parte, dove si concentra la maggior parte delle gag, per diventare forse più lento e confuso nella seconda metà. Ottima l’animazione e finale aperto per lasciare spazio a un nuovo episodio.

VOTO: ★★


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