Indiana Jones e il Quadrante del Destino è effetto nostalgia venefico e frivolo [Recensione]

Seguici anche su:
Pin Share

Di Simone Fabriziani

Nel 1969, mentre sullo sfondo si consuma la corsa allo spazio, l’archeologo e avventuriero Indiana Jones (Harrison Ford), ormai vicino alla pensione, lotta per restare rilevante in un mondo che sembra averlo superato. Jones, inoltre, è a disagio per il fatto che il governo degli Stati Uniti abbia reclutato vecchi nazisti per battere l’Unione Sovietica e arrivare per primi nello spazio. Accompagnato dalla figlioccia Helena (Phoebe Waller-Bridge), Indy è costretto a indossare di nuovo il suo cappello e a impugnare ancora una volta la sua frusta quando un vecchio rivale, l’ex gerarca Jürgen Voller (Mads Mikkelsen) che oggi è un membro della NASA coinvolto nel programma di allunaggio, si mette alla ricerca di un antico e potente artefatto. Da mercoledì 28 giugno arriva finalmente nelle sale italiane Indiana Jones e il Quadrante del Destino, dopo un passaggio al 76° Festival di Cannes decisamente non proprio idilliaco.

Il regista statunitense James Mangold (Logan – The Wolverine, Ford Vs Ferrari) accoglie il testimone dietro la macchina da presa di Steven Spielberg (che qui rimane tuttavia produttore esecutivo assieme al fido George Lucas) e firma il quinto ed ultimo capitolo di una saga avventurosa che, iniziata entrando immediatamente di diritto nella storia del cinema d’intrattenimento con I Predatori dell’Arca Perduta, ha poi progressivamente perso di presa e significanza già nel 2008, anno infausto nel quale Spielberg ha targato con la sua regia il quarto tassello, Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo.

Quindici anni fa, critica e soprattutto pubblico (specie i grandi nostalgici della trilogia originale) avevano bocciato in toto il ritorno dell’archeologo di Harrison Ford in fase d’anzianità, accusando il sequel di riportare flebilmente in vita (con una sceneggiatura originale non all’altezza delle precedenti) una reliquia cinematografica che aveva significato e significante nel corso dei fulgidi anni ’80. Un film fuori tempo massimo che non sapeva a quale target di spettatori rivolgersi già nel 2008, figuriamoci quindici anni dopo James Mangold con Indiana Jones e il Quadrante del Destino, primo lungometraggio della saga firmata Lucasfilm realizzato sotto la bandiera distributiva della Disney. E si vede.

A fronte di un prologo efficacissimo ambientato cronologicamente nel passato con un Ford ringiovanito da un’ottima CGI e che fa ben sperare nel miracolo anche lo spettatore più smaliziato, Indiana Jones e il Quadrante del Destino si porta però dietro di sè come un fardello pesantissimo tutte le problematiche che avevano reso il capitolo precedente diretto da Steven Spielberg un fallimento di critica e di pubblico. Il film di Mangold cade nuovamente nel tranello della maledetta nostalgia del passato: anche questo quinto capitolo, tra una forsennata ricerca dell’ennesimo manufatto antico di straordinaria potenza e l’altra, ha tutta l’aria di provenire da decenni or sono, quando nelle sale di tutto il mondo spopolava la trilogia avventurosa di Spielberg, tra gustosi omaggi ai racconti d’avventura degli anni ’30 e ’40, gusto per l’esotico e per lo spionaggio d’antan, ben mescolati con effetti speciali di rozza efficacia ed elementi soprannaturali. Un poutpourri di suggestioni ed eredità immaginifiche che del resto avevano profondamente segnato il cinema d’intrattenimento degli anni ’80, rendendo quindi i tre lungometraggi diretti da Spielberg un unicum irripetibile nella storia del cinema di entertainment per qualità di scrittura e messa in scena.

Un’unicità che il Quadrante del Destino sceglie di riproporre pedissequamente in struttura narrativa (il prologo ante-litteram non può che rimandare al celeberrimo incipit di Indiana Jones e l’Ultima Crociata), spessore dei dialoghi, location esotiche e risoluzione finale di natura squisitamente sovrannaturale. Tutti prodromi narrativi che, senza al timone una visione registica fresca e innovatrice capace di reinventare la figura dell’archeologo interpretato da Ford, non fa che reiterare una canzone già cantata dal suo protagonista in precedenza ed anche meglio. Senza dover necessariamente scomodare ancora una volta un’immaginario narrativo, quella della saga primigenia, che è esattamente in controtendenza e démodé rispetto alla wave cinematografica degli ultimi anni. Ed anche se Mangold ci prova imbastendo un ottimo incipit e qualche buona sequenza d’azione e il nuovo cast (su tutti, un’energetica Phoebe Waller-Bridge) tenta di virare verso il successo, la rotta di collisione è inevitabile.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino arriva nelle sale italiane da mercoledì 28 giugno con Walt Disney Pictures

VOTO: ★★


Pubblicato

in

da