Barbie, il film di Greta Gerwig è un coraggioso manifesto sulla parità dei sessi [Recensione]

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Di Simone Fabriziani

Barbie (Margot Robbie) e Ken (Ryan Gosling) vivono all’insegna di un perfetto divertimento nell’apparentemente impeccabile mondo pastello di Barbie Land, dove non esistono né pensieri brutti né problemi. Tuttavia, i due scoprono la possibilità di viaggiare nel mondo reale e quando vi fanno visita imparano sia le gioie sia i pericoli della vita tra gli umani. Finalmente nelle nostre sale da giovedì 20 luglio l’attesissimo Barbie, diretto da Greta Gerwig (Lady Bird, Piccole donne) e co-scritto dalla stessa assieme al compagno di vita e collega Noah Baumbach. Il risultato è un corrosivo ed irresistibile manifesto sulla parità dei sessi e la storia del patriarcato in America pronto a diventare cult assoluto.
Non era semplice realizzare un lungometraggio in carne ed ossa dalle celeberrime bambole di proprietà della Mattel senza scadere involontariamente nella scanzonatezza di toni e linguaggio e in una iper-semplificazione dei ruoli di genere assunti dai due asset maggiori della casa di produzione di giocattoli: la bambola Barbie e la sua controparte maschile, Ken. L’attrice e cineasta Greta Gerwig, invece, sovverte ruoli e aspettative del pubblico cinematografico per confezionare un manifesto cinematografico solo apparentemente imbevuto di elementi di post-femminismo, anzi  portando avanti con spiccato senso di equilibrio narrativo un discorso intelligentissimo e sagace sulla (mancanza?) di parità dei sessi dall’alba dei tempi societari dell’umanità fino alla contemporaneità. E Gerwig racconta tutto questo sfruttando fino al parossismo iconografie, eredità e tradizione della linea di bambole più celebrata ed influente della modernità: la Barbie (e il suo Ken) della Mattel.
Icona di perfezione femminile sin dal suo esordio sugli scaffali di giocattoli per bambini a partire dal 1959, Barbie ha attraversato i decenni del Novecento ed oltre trasformandosi sempre a seconda dei grandi cambiamenti della società: in un certo senso, questa bambola è stata riflesso ideale dei grandi traguardi nel campo dell’uguaglianza di genere e delle le pari opportunità. Un giocattolo che, nel suo insito trasformismo di abiti e tendenze socio-economiche, è riuscita a sopravvivere agli stravolgimenti globali ed ha ispirato milioni di generazioni di bambin*.

Forse quindi, la chiave di lettura migliore per affrontare l’adattamento cinematografico firmato da Greta Gerwig e Noah Baumbach sta proprio qui, nel leggere il lungometraggio come omaggio e sensibile celebrazione dell’immortalità della Barbie targata Mattel, un modello di emancipazione femminile che è sempre sopravvissuta alle idee, imponendosi prepotentemente come fonte di ispirazione per chiunque nella propria vita cerchi ancora un posto nel mondo senza pregiudizi e ruoli prestabiliti da una società (quella del Mondo Reale, mica in Barbie Land…forse!) di stampo insindacabilmente patriarcale.
Diffidate da coloro che vi diranno che il Barbie di Greta Gerwig è uno sfacciato manifesto di nauseante post-femminismo, perché la cineasta statunitense porta in vita invece un telaio cinematografico che getta benzina su entrambi gli estremismi di pensiero, mettendo infine in scena una battaglia dei sessi che scomoda in maniera geniale capolavori del cinema come 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick e le fascinazioni contenutistiche del Pinocchio (sì, avete letto bene) di Carlo Collodi. Con un cast affiatatissimo e divertito sorretto da una azzeccata Margot Robbie e un Ryan Gosling al massimo del suo istrionismo recitativo.

Barbie arriva nelle sale italiane con Warner Bros. a partire da giovedì 20 luglio.

VOTO: ★★★★½


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