Book Club – La recensione della commedia con Jane Fonda e Diane Keaton

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Di Giuseppe Fadda

Jane Fonda, Diane Keaton, Candice BergenMary Steenburgen. Se non è questo il cast ideale per una commedia, allora non ne esiste uno. Queste quattro attrici hanno già dimostrato più volte di essere capaci di divertire un pubblico: come dimenticare Jane Fonda in Dalle 9 alle 5… Orario continuato e Diane Keaton nelle sue collaborazioni con Woody Allen?
Come dimenticare Candice Bergen nel suo iconico ruolo di Murphy Brown e Mary Steenburgen nella sua meravigliosa performance premio Oscar in Una volta ho incontrato un miliardario? E vedere queste quattro professioniste insieme sullo schermo, è uno spettacolo. Peccato che il film in questione sia Book Club, una commedia che sembra poggiare sul talento delle quattro protagoniste e non molto altro. 
Le protagoniste del film sono quattro amiche: Vivian (Fonda) è la proprietaria ricca e indipendente di un albergo di lusso; Diane (Keaton) è una donna rimasta vedova che sopporta le attenzioni invadenti delle sue apprensive figlie; Sharon (Bergen) è un rispettato giudice, single dal suo divorzio dal marito, avvenuto 18 anni prima; Carol (Steenburgen) è felicemente sposata, ma che soffre della recente mancanza di intimità tra lei e il marito. Da 30 anni, le amiche si ritrovano ogni mese per il loro “club del libro”, in cui ognuna sceglie, a turno, il libro che tutte dovranno leggere entro il ritrovo successivo. Vivian sceglie Cinquanta sfumature di grigio, causando reazioni di ilarità mista a perplessità. Ma, sorprendentemente, a lettura del libro porterà le quattro donne a riconsiderare le loro vite personali: Vivian si imbatte in un suo vecchio amore, Arthur (Don Johnson), di cui aveva rifiutato anni prima la proposta di matrimonio; Diane decide di accettare l’invito a cena di un affascinante pilota (Andy Garcia); Sharon si iscrive a un sito di incontri; e Carol cerca in tutti i modi di ravvivare il suo matrimonio e ritrovare quella scintilla che lei e suo marito sembrano aver perso. 
Book Club è un film che non ha pretese altissime, e questo è abbastanza evidente già dall’inizio. Le scelte stilistiche e narrative si addicono di più a una sitcom (non particolarmente brillante, tra l’altro) che a un film. Il regista Bill Holderman, che è al suo debutto ed è anche co-sceneggiatore, sembra aver costruito il film esclusivamente attorno alla premessa di riunire quattro attrici veterane in un’opera farsesca e irriverente, capace di sfondare i tabù sessuali, specialmente per quanto riguarda donne non più giovanissime. Ma la premessa non basta a rendere il film divertente quando l’esecuzione è così blanda e priva di originalità. Specie quando la premessa stessa viene rispettata solo in parte: è vero, Book Club parla della vita sessuale di donne oltre i 60 anni, ma lo fa in maniera fortemente stereotipata e per niente moderna. Sì, il film ribadisce continuamente quanto queste quattro donne siano indipendenti ed emancipate: eppure la sceneggiatura non le rende tali, la loro intera esistenza ruota comunque intorno alla presenza (o assenza) di un uomo nella loro vita. Le attrici protagoniste meritano di molto meglio.


A proposito delle attrici, il loro talento e carisma riesce a sopperire, almeno in parte, alla debolezze della sceneggiatura e se il film riesce un minimo a intrattenere è proprio grazie all’energia contagiosa delle quattro protagoniste. Jane Fonda è alle prese con un ruolo monocorde e banalmente caratterizzato, ma la sua naturale presenza scenica è sufficiente a renderla accattivante. Diane Keaton non è particolarmente originale nel suo approccio al personaggio, che non si distingue molto dai suoi ultimi ruoli comici, ma l’attrice riesce sempre ad essere una presenza spontanea e sincera sullo schermo. In realtà, le migliori prove sono quelle della Steenburgen e, soprattutto, della Bergen. La prima, per quanto protagonista di una storyline decisamente scontata, dimostra ancora una volta la naturalezza che la rende un’attrice così autentica: specialmente memorabile è il suo balletto finale, che funge anche da simpatico omaggio alla sua performance premio Oscar. La seconda, invece, riesce a rendere l’evoluzione, potenzialmente assurda, del personaggio in qualcosa di non solo credibile ma anche emozionante. In definitiva, il ritratto che la Bergen che fa di Sharon e del suo percorso di liberazione emotiva e sessuale è l’unico aspetto del film veramente degno di nota. 
Book Club non è noioso, nè sgradevole. Come puoi esserlo un film che riunisce quattro talenti del genere? Ma, proprio considerando il talento messo a disposizione, è un peccato che il film non sia che una commedia banale e priva di inventiva. Le sue meravigliose protagoniste sono irresistibili, ma dell’opera nel complesso non si può proprio dire lo stesso.
VOTO: 5,5/10