Di Daniele Ambrosini
Diretto da Jennifer Yuh Nelson, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa di un film live action dopo anni passati alla Dreamworks, arriva nelle sale italiane dal prossimo 14 agosto Darkest Minds, il primo capitolo di una ipotetica saga young adult basata sui romanzi di Alexandra Bracken.
È curioso vedere come negli ultimi anni il fenomeno delle trasposizioni cinematografiche dei romanzi per giovani adulti abbia avuto una netta parabola discendente, infatti dopo gli exploit di Harry Potter e Twilight sembrava che quelli fossero prodotti piuttosto sicuri su cui investire per uno studio, ma con i successivi insuccessi di Beautiful Creatures e Shadowhunters il trend è cambiato; infatti negli ultimi anni l’unico vero successo in questo campo è stato il franchise di Hunger Games, neanche il ben avviato Maze Runner ha ottenuto i risultati sperati. È altrettanto interessante notare come Darkest Minds in qualche modo tenti di distaccarsi da tutti questi prodotti, grazie ad un approccio improntato alla semplicità.
Il film è ambientato in un futuro distopico, non molto distante nel tempo, in cui la maggior parte dei bambini sono stati uccisi da una misteriosa malattia. I sopravvissuti, invece, hanno sviluppato delle capacità straordinarie e potenzialmente pericolose, per questo motivo sono tutti confinati in dei campi dove vengono divisi per colore in base alle loro abilità. Ruby è in grado di controllare la mente, ed inoltre può vedere e cancellare i ricordi altrui: Ruby è un’arancione. Coloro che vengono contrassegnati con i colori rosso e arancione sono considerati troppo pericolosi e perciò devono essere uccisi all’istante. Grazie alle sue abilità Ruby riesce a farsi assegnare un colore considerato meno pericoloso e a sopravvivere sei anni dentro al campo, finché un giorno una dottoressa la aiuta ad evadere. Ma non fidandosi della Lega, associazione per la quale la dottoressa lavora, decide di fuggire e così incontra i suoi compagni di viaggio: altri tre ragazzi alla ricerca di un misterioso rifugio organizzato da bambini e ragazzi sfuggiti al campo e alle autorità.
Darkest Minds, al contrario di quanto sembrerebbe suggerire il nome, ha il pregio di discostarsi dai toni sempre più oscuri ormai acquisiti dai film del filone young adult. Questo è in parte dovuto al fatto che Darkest Minds è, probabilmente, il film che nel suo genere ha il pubblico di riferimento più giovane, la pellicola della Nelson infatti sembra essere pensata e costruita per funzionare come film d’avventura per ragazzi di età compresa tra i 10 e i 15 anni. Ci troviamo insomma ad un prodotto young adult insolito: meno dark di tanti altri e destinato ad un pubblico più young che adult. E questo approccio potrebbe anche funzionare, ma purtroppo il film ha un grande difetto: si prende troppo sul serio; magari non per quanto riguarda l’improbabile linea narrativa, ma tende comunque a calcare troppo la mano sulle componenti sentimentale e morale, come se il fine ultimo del film fosse lasciare un messaggio più che raccontare una storia. E cosa c’è di male? Niente, se non fosse che si tratta di un messaggio banale, trito e ritrito, più consono a produzioni destinate ad un pubblico decisamente più giovane, visto il modo in cui è sbandierato.
Insomma, tutto è evidente e costantemente spiegato all’interno del film, non si va molto per il sottile. È come se il film dovesse per forza lasciare qualcosa ai suoi spettatori, come se dovesse inculcare a tutti i costi quelle banalità che, con tutta probabilità, un pubblico di preadolescenti ha già acquisito da tempo. Questo perché, nonostante una regia tutto sommato buona, pulita ordinata e anche piuttosto fresca per questo genere di film, Darkest Minds è decisamente carente in scrittura: alle già deboli premesse del libro si aggiunge una sceneggiatura che favorisce in ogni frangente la scelta più scontata, la trovata più convenzionale o il dialogo meno avvincente possibile. Il risultato è un film piatto ed estremamente, forse troppo semplice. Se i prossimi capitoli dovessero ottenere il via libera alla produzione, sarà necessario aggiustare un po’ il tiro.
VOTO: 5/10