Di Simone Fabriziani
L’idiozia dell’essere umano, la banalità del gesto criminale e la minaccia della mafia russa. Questi sono i tre pilastri narrativi che compongono ed espandono il secondo episodio della terza stagione di Fargo, dall’emblematico titolo “The Principle of Restricted Choice”.
Il diverbio tra i due gemelli Emmit e Ray Stussy (Ewan McGregor) raggiunge un punto di svolta quando Nikki, la compagna criminale di Ray (Mary Elizabeth Winstead) convince la sua dolce metà a rubare furtivamente il prezioso francobollo che permetterà alla coppia di festeggiare la propria unione adeguatamente. Nel frattempo, Gloria Burgle (Carrie Coon) cerca nuovi indizi sul brutale omicidio del padre, mentre l’impero economico dei parcheggi di Emmit Stussy è minacciato dagli accordi finanziari non mantenuti con una misteriosa compagnia di prestiti capitanata dall’ambiguo V.M. Varga (David Thewlis) circondato da scagnozzi con qualche legame di troppo con la mafia russa.
Più concentrato e narrativamente meno dipendente dagli eccessi grotteschi dei precedenti capitoli televisivi, il terzo adattamento dell’universo fittizio iniziato nel lontano 1996 dai fratelli Coen con il film omonimo è questa volta una riflessione ancora più nera e dissacrante della banalità del male e della disarmante facilità con lui l’essere umano compie atti cinici e, talvolta, criminali per puro spirito di autoconservazioni. I risultati sono esilaranti e grotteschi allo stesso tempo; ma ciò non era valido allo stesso tempo anche per l’intera filmografia dei fratelli Coen?
Lo showrunner Noah Hawley sembra difatti pigiare la frizione questa volta più sulle dirette citazioni all’universo creato dai fratelli più premiati di Hollywood che non sulla psicologia e le motivazioni dei veri personaggi che abitano ed agiscono nell’innevato Minnesota del non troppo lontano 2010. Troppo derivativo?
VOTO: 7/10