Di Simone Fabriziani
«La più grande astuzia del diavolo? Quella di farci credere che non esiste» Charles Baudelaire
Con una delle massime più famose e “rubate” del sommo poeta francese del Simbolismo circoscriviamo l’obiettivo raggiunto ed enfatizzato dal penultimo episodio della terza stagione di Fargo, quello in cui le semine iniziano a venire raccolte finalmente.
Sempre più racconto dalla grana cinematografica e sempre meno televisivo, il terzo (e forse ultimo) capitolo della creatura per il piccolo schermo di Noah Hawley sembra voler chiudere i conti con i dilemmi etici che avevano dominato anche le passate stagioni, presentando una struttura che non lascia spazio a “zone grigie”: quella che si combatte in Minnesota è una lotta manichea tra bene e male, ma il confine appare più labile di quello che sembrava al principio.
Mai come al preambolo di quello che si preannuncia già un gran finale dark ed esplosivo, Fargo si conferma la grande stagione televisiva delle donne: che siano tenaci ed “invisibili” angeli della giustizia (la Gloria Burgle di Carrie Coon) o ex-detenute in cerca di spietata vendetta (Mary Elizabeth Winstead), l’ago della bilancia della giustizia, nel bene o nel male, pende dal loro lato. E le pedine maschili del grande gioco di scacchi (in primis i personaggi di Ewan McGregor e David Thewlis), tra confessioni e ricatti inaspettati, mangiano la polvere (o trangugiano un gelato!) e confessano la cieca attrazione fatale verso il male, più vivo e reale che mai.
“Il problema non è l’esistenza del male, ma quella del bene. Altrimenti, a chi avrebbe importato?“, si chiede al termine di “Aporia” il minaccioso Varga di David Thewlis ad uno spaurito Emmit Stussy. Non vediamo l’ora di sciogliere la matassa con l’episodio finale della prossima settimana.
VOTO: 8/10