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Ghostbusters: Minaccia glaciale, la recensione del nuovo sequel

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Di Simone Fabriziani

Ghostbusters
Bill Murray ed Ernie Hudson in una scena del sequel – fonte: Sony Pictures

A tre anni di distanza dal sequel/reboot Ghostbusters: Legacy di Jason Reitman, Sony Pictures bissa il discreto successo del capitolo precedente con Ghostbusters: Minaccia glaciale affidando la regia a Gil Kenan (Monster House, Ember – Il mistero della città di luce) e dando vita ad una nuova saga fortemente ed orgogliosamente ancorata al presente delle nuove generazioni senza mancare di rispetto all’eredità del passato. Meno fresco ed incisivo del capitolo di Reitman Jr., ma altrettanto entertaining.

La famiglia Spengler torna dove tutto ha avuto inizio, l’iconica caserma dei pompieri sede dei Ghostbusters a New York, per collaborare con gli acchiappafantasmi originali. Lungi dall’essersi ritirati, Peter, Ray e Winstone hanno costruito un laboratorio di ricerca top secret per portare l’eliminazione dei fantasmi a un livello superiore. Ma quando la scoperta di un antico manufatto scatena una forza malvagia, vecchi e nuovi acchiappafantasmi devono unire le forze per proteggere la loro casa e salvare il genere umano da un’era glaciale fuori programma.

Dan Aykroyd e Finn Wolfhard in una scena del film – fonte: Sony Pictures

Vecchia e nuova generazione, un team sulla carta imbattibile ed irresisitibile per sconfiggere il nemico forse più oscuro e potente dell’intera saga cinematografica iniziata in gloria negli anni ’80 con Ivan Reitman. Direttamente da Ghostbusters: Legacy tornano le new entry quali i giovanissimi Finn Wolfhard eMcKenna Grace, e gli “adulti” Paul Rudd e Carrie Coon, famiglia di nuovi acchiappafantasmi che aveva catturato la simpatia e i cuori di una generazione di spettatori neofiti e non intrinsacamente nostalgici della vecchia serie anni ’80. Gil Kenan però, che di cinema di intrattenimento per ragazzi se ne intende, costruisce questo secondo capitolo della saga reboot senza rinunciare alla grande tradizione del capolavoro del compianto Ivan Reitman, allestendo al contempo uno spettacolo per grande schermo magari semplicistico nella scrittura, ma particolarmente efficace nella resa finale.

E così, se in Legacy erano solo camei glorificati, in Minaccia glaciale tornano preponderanti ed essenziali allo sviluppo narrativo i “veterani” Bill Murray, Dan Aykroyd ed Ernie Hudson. Seppur sostanzialmente meno centrato e solido dal punto di vista concettuale rispetto al primo capitolo del 2021, Ghostbusters: Minaccia glaciale è stato ingiustamente massacrato dalla stampa di settore statunitense che gli ha affibbiato la medaglia del peggior tassello della serie cinematografica.

Nulla di più irreale, soprattutto quando ci si ritrova davanti un blockbuster di certo incapace di garggiare con i grandi classici degli anni ’80 di Ivan Reitman, ma che tra una battuta al fulmicotone, tra nuovi ed irresistibili personaggi ed un pizzico di brivido horror per tutte le età, riesce a sorreggersi sulle sue stesse gambe, conscio dell’ingombrante eredità pop che si porta dietro, eppure allegramente catapultato verso linguaggi e toni propri della Generazione Z senza vergogna alcuna. Ed in fondo, che ci sarebbe di male!

VOTO: 3/5


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