Di Gabriele La Spina
Nel 2011, un’attrice di nome Brit Marling, si faceva conoscere nel circuito del cinema indipendente come sceneggiatrice e interprete principale di Another Earth, film che raccontava di una donna che scopre un’altra Terra in un sistema solare gemello alla nostra realtà. Da lì in poi per la Marling, l’interesse per le realtà parallele e le seconde vite, divenne una costante, tanto da arrivare cinque anni dopo alla creazione di The OA.
Approdata su Netflix nel 2016, non si trattava della solita serie fantascientifica, al pubblico risulto quasi ermetica e strana; si apriva con uno splendido episodio pilota dove una donna in stato confusionale arrivava alla casa dei genitori, dopo scopriamo che si tratta di Prairie, una ragazza cieca scomparsa, che adesso ha riacquistato la vista. Dopo aver stretto amicizia con alcuni ragazzi della città, li riunisce, per raccontare tutta la sua storia. La prima parte della serie risulta un misto, tra fantascienza ed escape movie, quando Prairie racconta tutta la fase di prigionia da parte di Hap, che la sottopone agli esperimenti che la portano alla conoscenza dei cinque movimenti. Poi, con uno slancio sull’attualità, la prima parte si conclude con una sparatoria a scuola, l’esecuzione degli ambigui movimenti da parte dei cinque e l’uccisione di OA; lasciandoci con un dubbio, se il suo racconto era solo il parto di una mente instabile, o in quel dato momento ha compiuto realmente il salto verso un’altra realtà.
Proprio da quell’istante si apre la seconda parte della serie, arrivata su Netflix dopo una lunga gestazione durata ben tre anni; Prairie si trova infatti nel futuro, ovvero il nostro presente, e riesce a entrare nel corpo del suo alter ego di questa realtà, Nina. Nei suoi primi episodi la stagione offre tre filoni narrativi; il primo è quello di OA che si ritrova rinchiusa in una clinica psichiatrica insieme agli stessi compagni di prigionia della prima parte e al suo aguzzino, la seconda è dedicata al nuovo personaggio di Karim, un detective che indaga sulla scomparsa di una giovane ragazza, filone che dona alla serie un gusto in stile Top of the Lake di Jane Campion, capace di smorzare i toni nei momenti più opprimenti. Terzo filone narrativo, è rappresentato dal gruppo dei cinque rimasti al 2016, la realtà in cui OA è stata uccisa, e dove cercano in tutti i modi di stabilire un contatto con lei.
Dopo una prima stagione con forti potenzialità, ma ancora inespressa e che lasciava diversi punti interrogativi, The OA ci offre qualcosa di più. Tra fantascienza e metafisica, tecnologia e psicologia, Brit Marling e Zal Batmanglij, osano come ben pochi sul piccolo schermo, regalandoci sequenze del tutto memorabili. Perché, quale serie può vantare una scena in cui una donna comunica al pubblico di un teatro attaccata a una gigante piovra? Un frangente che ricorda fortemente, l’iconica scena del Club Silencio in Mulholland Drive di David Lynch. Ma si sprecano le scene dal forte potere suggestivo, ricordando a volte film, forse incompresi, come The Fountain di Darren Aronfosky, basti pensare alla splendida sequenza che vede Prairie comunicare con degli alberi cullata dalle loro radici; o semplici cult della fantascienza a cominciare da L’invasione degli ultracorpi e Poltergeist.
La stagione si bilancia poi tra la regia di Batmanglij, che già aveva diretto la prima stagione, assolutamente in sintonia con le atmosfere quasi psichedeliche di questo racconto, e quella del navigato Andrew Haigh, regista di 45 anni e Weekend, che si concentra sui due episodi dedicati al gruppo dei ragazzi rimasti nel passato, in un viaggio, poi divenuto fuga, on the road; regista perfetto per catturare l’interiorità dei protagonisti, in una fase di evoluzione personale; tra primissimi piani e paesaggi desertici, Haigh tratta questa parte di racconto con intimismo.
Questa seconda parte rappresenta indubbiamente una fioritura, termine chiave oltretutto, del racconto dalla mente di Marling a Batmanglij, che cerca di dare un senso all’inesplicabile, ma che tuttavia solleva ulteriori interrogativi e spunti, tanto far sperare in una seconda stagione. Eppure il finale, assolutamente coraggioso e inaspettato, potrebbe smorzare gli animi per un sequel. Le potenzialità di The OA non sono però ancora del tutto esaurite.
VOTO: 8.5/10