Di Simone Fabriziani
Si è conclusa ieri sera in prima serata sul canale satellitare Sky Atlantic la miniserie di dieci episodi targata FX che racconta, con dovizia di dettagli e particolari, tutte le vicende vicine e lontane del rapimento di John Paul Getty III in quel dell’Italia in crisi economica e sociale della metà degli anni ’70. A scrivere l’intera serie televisiva lo sceneggiatore premio Oscar Simon Beaufoy, a dirigere i primi due episodi e servire come produttore esecutivo il regista britannico vincitore della statuetta Danny Boyle.
Trust – Il rapimento Getty arriva sui piccoli schermi di tutto il mondo soltanto pochi mesi dopo il discusso progetto cinematografico dalla stessa tematica Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott, ma sfruttando la intrinseca lungaggine della serialità televisiva spalmata in una narrazione di più ampio respiro nei dieci episodi della sua composizione, la creatura di Beaufoy e Boyle si arricchisce però di nuove dinamiche e inediti punti di visti narrativi non presenti del film di Scott, fornendo una visione del terribile accaduto di cronaca nera del 1974 con dovizia di imparzialità e dinamismo del racconto. Niente di rivoluzionario sotto il sole del racconto per il piccolo schermo contemporaneo, eppure Trust è esempio brillante ed esemplare di equilibrio tra solida scrittura, rispetto per l’evento cronachistico divagazione artistica.
Ciò che veramente risulta essere la carta vincente della miniserie di Simon Beaufoy e Danny Boyle è la marcata dicotomia tra criminalità vincente e criminalità perdente; ancor più del lungometraggio dio Ridley Scott, Trust indaga con intelligenza i rapporti occulti ed insidiosi tra i fondi miliardari della famiglia Getty e la mafia del Sud Italia , due poli opposti ma che, in fin dei conti e alla luce del rapimento del giovane rampollo della famiglia più potente del globo, sono più due facce della stessa medaglia. Ancor più che mero rapporto per immagini dei retroscena del rapimento di John Paul Getty III (il giovane attore emergente Harris Dickinson), Trust è dunque un impietoso e a tratti ironico spaccato tra due mondi tanto distanti quanto incontrovertibilmente vicini; l’altra faccia della Luna è il riflesso di un mondo di microcriminalità e crescente terrorismo indirettamente finanziato dal denaro sporco di sangue della famiglia dei Getty, colosso petrolifero da miliardi di dollari.
Ancora un a nota di merito: Trust non sarebbe una miniserie vincente se non fosse messa in scena dal formidabile cast di interpreti internazionali, a cavallo tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia. Se nel comparto in lingua inglese spiccano il premio Oscar Hilary Swank, un redivivo Brandan Fraser e il monumentale Donald Sutherland, tra gli interpreti nostrani son o da applausi i ruoli rivestiti da Luca Marinelli e da un inedito Giuseppe Battiston. Imperdibili.
VOTO: 8/10