Venezia 75: Charlie Says – La recensione del biopic su Charles Manson con Matt Smith

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Di Massimo Vozza

In attesa del prossimo film di Quentin Tarantino, a Venezia 75 nella sessione Orizzonti è stato già presentato Charlie Says dramma sulla Manson Family e in particolare modo incentrato sulle figure di Leslie, Patricia e Susan, detenute a causa dei crimini commessi nel 1969, compreso l’omicidio di Sharon Tate.

La storia segue principalmente il personaggio di Leslie (Hannah Murray), il suo ingresso nella comune e l’avvicinarsi progressivo dei suoi membri verso gli atti violenti che l’avrebbero resa famigerata. La vicenda è narrata attraverso una serie di flashback giustificati dagli incontri in carcere delle tre ragazze con Karlene Faith (Merritt Wever) fino alla presa di coscienza della gravità delle loro azioni. La figura di Manson (Matt Smith) viene così a costruirsi attraverso occhi terzi, lasciandoci un senso di incompletezza su uno dei serial killer più famosi della storia. 
La parabola discendente delle ragazze e l’annullamento delle loro personalità vengono poste al centro della vicenda: ad interessare è soprattutto il potere che lui aveva sui suoi discepoli. La violenza nel film è in crescendo ma mal bilanciata poiché viene relegata troppo soltanto nell’ultima parte del film e posta fuori campo: il periodo dove la Famiglia appare più una comunità di figli dei fiori che una setta, occupa inoltre la maggior parte del tempo filmico.

La regista Mary Harron quindi opta per una soluzione diversa dal suo film più di successo (American Psycho), trattando il collegamento tra follia e malignità troppo dall’esterno. Mentre la musica è al servizio dell’epoca, la fotografia del film, giocando con colori caldi e freddi, luci più naturali e artificiali, accentua la componente emotiva delle vicende vissute dalla protagonista. Il cast rende discretamente i personaggi coinvolti, soprattutto Smith (ed escluso il Chace Crawford di Gossip Girl), ma la scrittura di alcuni resta a volte troppo superficiale e non dà vere occasioni agli attori di poter eccellere.
A parte questo e la mancanza di un’idea cinematograficamente forte, Charlie Says fa il suo dovere proponendo una diversa visione di una storia che in generale già conosciamo colpendoci emotivamente in modo sporadico. Per qualcosa di più dovremmo probabilmente aspettare il prossimo progetto.

VOTO: 6/10


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