Venezia 76: Martin Eden – La recensione del film con Luca Marinelli

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Di Simone Fabriziani

Martin Eden (Luca Marinelli), un marinaio di umili origini, salva un borghese da un’aggressione al porto. Per ringraziarlo, questi lo invita nella sua abitazione, dove Martin incontra sua sorella Elena e si innamora. Martin decide quindi di studiare e di diventare uno scrittore, pur continuando a lavorare per vivere. La sua relazione con Elena si consolida e alla festa di laurea di lei fa la conoscenza di Brissenden, colui che diventa il suo mentore, lo introduce nei circoli socialisti e gli fa conoscere la filosofia.
I nuovi interessi lo allontanano da Elena provocando la fine della loro storia e, quando Brissenden muore, si ritrova nuovamente in difficoltà. Con il tempo, Martin riesce a trovare il successo ma il suo cuore è malato. Tramite la relazione con l’operaia Margherita, tenta di riconciliarsi invano con la sua classe di appartenenza prima di cadere in uno stato di depressione che nemmeno il ritorno di Elena potrà guarire.
In concorso alla 76° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e nelle sale italiane a partire da 4 settembre con 01 Distribution, Martin Eden  è un nuovo adattamento, liberamente ispirato, del romanzo seminale omonimo di Jack London , qui totalmente traslato dall’America della fine del XIX secolo alla città di Napoli, luogo dalle mille contraddizioni sociali che ben si sposa alla trasformazione e alla forza plasmatrice del regista Pietro Marcello delle immortali parole scritte dall’esemplare romanzo di formazione di Jack London. E proprio di contraddizioni sociali il film sembra trovare, anche nella sua inedita ambientazione italiana, la sua forma più adeguata.
Grazie anche ad un cast ancorato alla presenza scenica del fuoriclasse Luca Marinelli nel ruolo titolare, il Martin Eden di Marcello riesce ad omaggiare ancora una volta le virtù letterarie di London, già ampiamente affrontate dal cinema e dalla televisione passata, con la feroce analisi di una società in cui le differenze di classe la fanno da padroni.

Il passaggio da una classe di estrazione bassa ad una intellettuale ed il percorso di presa di coscienza della società che lo circonda, non solo si realizza come epifania per il protagonista e le sue velleità da grande poeta e scrittore, ma si dischiude come inedito e riuscitissimo coming of age all’italiana dove le parole di Jack London ben si sposano ad una Napoli bellissima e a tratti atemporale, dove i ricchi e i poveri cozzano senza rendersi conto della loro perigliosa vicinanza, dove la rivoluzione socialista permea dei loro gridi di libertà ed individualismo l’atmosfera di Martin Eden; è proprio nelle grandi ed inevitabili leggi naturali del classismo sociale che il protagonista si fa ideale cantore letterario e allo stesso tempo traditore della propria estrazione, delle proprie origini umili.
Il conflitto di Martin Eden, personaggio e nuova visione ideata da Pietro Marcello e dallo sceneggiatore Maurizio Braucci, è proprio nell’accettazione/rinnegamento di questa spaccatura interiore, vero coup de theatre per cui la crescita e il percorso del personaggio fittizio creato da Jack London sono ancora essenziali e incredibilmente contemporanei. Anche per una Italia attuale in cui le contraddizioni sociali si fanno sempre più ampie, evidenti. Possibile premio a Venezia 76
VOTO: 8/10


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